Critica di Prosa,  Letteratura

“Dipinti. Brevi storie di fragilità” di Silvia Argento: la comprensione del sé nell’incontro con gli altri.

Di Francesca Manzoni

Silvia Argento, Dipinti – Brevi storia di fragilità, Edizioni Ex Libris, 2020.

“DIPINTI. BREVI STORIE DI FRAGILITÀ” (Edizioni Ex Libris, 2020) è una raccolta di racconti firmata dalla penna della scrittrice Silvia Argento. Attraverso 10 racconti, anticipati da 10 ritratti, l’autrice mette in luce, nelle sue molteplici declinazioni, le contraddizioni e le fratture tipiche dell’animo umano, personificate da sagome inquiete che ricercano in ciò che li circonda, oltre che in loro stessi, una chiave di lettura al dolore.   

Parlare di una raccolta di racconti spesso risulta molto più complesso che riflettere e ripercorrere la lineare trama di un romanzo. Occorre ripercorrere le narrazioni e le identità messe sapientemente in gioco dall’autrice e tracciare un filo conduttore che, racconto dopo racconto, ci accompagna nell’esplorazione di dieci, solo apparentemente diverse, identità. 

Una commistione di lettere e immagini

Di particolare interesse risulta essere l’impostazione con cui questi dieci racconti si scandiscono nella raccolta. Silvia Argento decide di accompagnare a ognuno dei romanzi un’opera d’arte inedita, a sua volta ispirata da un quadro famoso. Le 10 opere anteposte ai testi possono assumere una duplice funzionalità: la prima, di carattere immaginativo, è quella di permettere al lettore (ancora ignaro dello sviluppo del racconto) di creare nella propria mente un “quadro emotivo”, presagendo alcuni elementi del racconto a partire dall’immagine e dal suo titolo; la seconda, invece, è quella di spingere il fruitore, al termine della lettura, di nuovo verso l’immagine, ritrovando spunti e collegamenti. Le due funzionalità così convergono, al termine dell’esperienza di lettura, in una fusione tanto originale quanto inedita tra l’esperienza visiva e quella comprensiva del testo. 

Per esemplificare questo concetto si potrebbe analizzare il racconto centrale della raccolta, intitolato “Gli Umani”. La vicenda tratta del dolore di Dimitri, un giovane psicanalista costretto a confrontarsi con un passato ingombrante, adombrato dalla scelta di staccare la spina all’amico Francesco, paralizzato in un letto di ospedale, aiutandolo a raggiungere l’eutanasia. Tale decisione si configura come una ferita ancora aperta, irrisolta e irrisolvibile per Dimitri. Alla sua figura si affianca, schivo e guardingo, il demone Seth che, attratto da quella che lui crede essere la malvagità del protagonista, lo segue, giorno dopo giorno, con l’obiettivo di amplificare le sue perversioni, la parte più oscura della sua mente. Il racconto, nel corso delle pagine si dipana in un breve, seppur intenso, viaggio di maturazione del protagonista, che, grazie al supporto dell’amico Karl, comprende l’importanza di trovare un equilibrio contro se stesso e riesce a emanciparsi dall’influenza del demone.

Non è che ci siano delle istruzioni per l’uso, non posso dirti di preciso come è successo. Per quanto cerchiamo di dare un senso ai nostri sentimenti attribuendoli a determinate reazioni, non possiamo mai dire esattamente quando siamo cambiati o quando abbiamo iniziato a capire qualcosa. Ti posso semplicemente dire che prima ero in balia del dolore, mentre adesso ho trovato un equilibrio. Non sto sempre bene e ci sono tante cose che non mi piacciono della mia vita, ad esempio il fatto di vivere da solo, tuttavia ciò che ho mi piace e lo apprezzo perché esso stesso costituisce la mia salvezza.

Silvia Argento, Dipinti – Brevi storia di fragilità

Il personaggio di Seth sembra configurarsi come la personificazione dell’inconscio stesso del protagonista: egli è un demone, e come tale è convinto di essere destinato (o meglio, condannato) al male, ma l’evento epifanico dell’incontro con Karl, lo spinge finalmente alla rinuncia di quel “lato oscuro”, nella speranza che “il suo umano” riesca a trovare il tanto agognato equilibrio. 

A questa storia, Silvia Argento decide di affiancare un’illustrazione di Chiara Tobia, ispirato al Viandante sul Mare di Nebbia di Friedrich.

Al termine della lettura risulta spontaneo tornare sui propri passi, a ritroso, ad osservare l’opera di copertina. La figura in primo rappresentata da Chiara Tobia è spontaneamente associabile al demone Seth, descritto dall’autrice come segue: 

Indossava un vestito nero e una cravatta rossa, delle scarpe eleganti italiane e aveva accanto una valigetta nera. Sembrava un manager, un professore o un avvocato, del diavolo. I suoi occhi erano bordeaux, il sinistro era coperto dal ciuffo nero di capelli che avevano alla luce una sfumatura quasi violacea. Aveva unghie lunghe e grigie, i canini affilati, il naso sottile e le labbra praticamente incolori che si mimetizzavano nel bianco opaco della sua pelle al tatto quasi di ghiaccio

Silvia Argento, Dipinti – Brevi storia di fragilità, Edizioni Ex Libris, 2020.

Alle sue spalle appare stilizzato uno sfondo volutamente semplificato, quasi a richiamare quell’indefinito paesaggio abbracciato dalla nebbia che sia l’osservatore, sia viandante di Friedrich, sono atti ad ammirare. Se però, nel romantico dipinto di inizio ottocento, la nostra figura può sovrapporsi, nella contemplazione, a quella del viandante, nel dipinto di Chiara Tobia la figura, non più di spalle, ci guarda negli occhi, entrando implicitamente a far parte del complesso contemplativo.   

Il punto di incontro tra il “Viandante sul mare di nebbia” e il racconto appare essere proprio il senso di meditazione scaturito dal paesaggio circostante: una riflessione sulla nostra identità, non come elemento autonomo e svincolato da ciò che ci circonda, ma come immerso a capofitto nel mondo circostante. Ciò che accomuna, in ultima battuta, il viandante e Dimitri è la meditazione e la ricerca di un ruolo, di un senso, all’interno di questa distesa infinita e nebbiosa che è la vita. 

Io, gli altri, la ricerca di sè

I racconti che compongono la vicenda narrata si delineano come estremamente variegati, sia per la lunghezza, sia per l’ambientazione e il genere a cui appartengono. Ai racconti dalle venature oniriche, capaci di evocare luoghi sfocati si susseguono racconti biografici, collocati con precisione nello spazio e nel tempo. Ogni racconto però, pur avendo una sua precisa identità, autonoma e a sè stante, presenta degli elementi di continuità, soprattutto per quanto concerne l’identità del personaggio protagonista. 

Nella morale che scaturisce al termine della lettura di ognuna delle storie emerge sempre un accento sul singolo nel suo rapporto con l’altro, atto ad una più profonda e reale conoscenza di se stesso. L’autrice, richiama, seppur implicitamente, nei suoi racconti la filosofia classica, che a mio parere è ben condensabile nel motto socratico “Conosci te stesso“. Il filosofo greco utilizza questa frase – poi ritrovata incisa nel tempio di Apollo a Delfi – per esortare una comprensione della nostra identità, che emerge in primis da una ricerca della verità da parte del singolo, verità intesa come significato del vivere e dell’esistere. 

Ciò che è emerso come congiunto da queste letture è proprio questo senso di ricerca dentro di sè, visto come un processo di evoluzione che in principio era in potenza ma che il rapporto con gli altri tramuta in atto. Il dottor Gianmarco Landri (protagonista del racconto “Gli ultimi due mesi di morte”) sconfigge il superficiale e retorico desiderio di morte solo quando il suo medico di fiducia, Marco Pennacci, lo guida in un lavoro di introspezione e rivalutazione di se stesso, che a livello pratico si concretizzerà come in un nuovo e inedito approccio al vivere. 

Tu mi avevi detto che morire sarebbe stato meglio, che almeno saresti stato in pace, ma, permettimi di fartelo notare amico mio, permettimi di osare nel dirti questo: la verità, a cui sembro essere molto affezionato forse perché adoro le cose impossibili da trovare, è che tu non vuoi morire. Hai semplicemente un vuoto dentro e piuttosto che ammettere che quel vuoto faccia parte della vita stessa preferisci illuderti di desiderare la morte. Ebbene io ho dovuto fare questo, ho dovuto farti credere che tu saresti morto dopo due mesi per farti vivere

Silvia Argento, Dipinti – Brevi storia di fragilità, Edizioni Ex Libris, 2020.

Ancora più interessante è il racconto “Spenta – L’amicizia in cinque atti” dove un gruppo di 4 amici d’infanzia, uniti da un legame solo apparentemente indissolubile, si trova fratturato nelle sue componenti più fragili dalla morte del quinto componente, Giuliano. La vera protagonista, destinata a compiere il socratico viaggio verso la comprensione del sè è Ines, tormentata dal non sentirsi mai al posto giusto, nel momento giusto, vittima di un’esistenza sentita come erronea. Giuliano era il traduttore perfetto delle sue emozioni, un rimedio, una cura, al senso di inadeguatezza che da anni la tormentava: a fianco a lui, lei aveva un senso, una ragione di essere. Dalla sua assenza era emerso il vuoto, il suo non-esistere nel presente aveva mostrato l’inadeguatezza di tutti coloro che la circondavano e, anche dopo molti anni, il senso di solitudine e la parvenza di irrisolto non avevano fatto altro che divorarla ancora, lacerarla, alimentare quella fiamma che non smetteva di ustionare con ferocia. La chiave di volta si configura essere Lara, una dei quattro amici d’infanzia: il suo ritorno, nell’anniversario della morte dell’amico, e le parole a lei rivolte con lucida tenerezza sono l’epifania di cui Ines ha bisogno per crescere, per uscire dal limbo dell’insicurezza che la intrappolava. 

Lara sorrise e poggiò la mano su quella di Ines, che a sua volta poggiava sul libro, poi disse: «Ti ricordi cosa diceva lui sui libri?».

«Diceva talmente tante cose!» rispose l’altra.

Lara rise. «Hai ragione! Ma diceva anche che dopo aver letto un libro bellissimo valeva la pena cercarne altri»

«Non regge il paragone con le persone…».

«Mmh, forse hai ragione».”

Silvia Argento, Dipinti – Brevi storia di fragilità, Edizioni Ex Libris, 2020.

Ines annuì. Aveva mostrato debolezza, secondo lei, ma in realtà nel suo cuore sapeva che non era vero, anzi adorava il fatto di potersi abbandonare per un attimo alla sensazione di speranza in quella via, speranza nella vita, speranza nelle persone; Ines si era dimostrata per anni spenta, nel senso di indifferente, vuota, troppo presa dal dolore, divorata e lacerata dalla perdita, stavolta poteva dirsi spenta perché le fiamme che bruciavano il suo cuore erano state fatte morire dall’acqua.

Silvia Argento, Dipinti – Brevi storia di fragilità, Edizioni Ex Libris, 2020.

“Nessuno si salva da solo”

Al motto socratico “conosci te stesso” Silvia Argento aggiunge una clausola di fondamentale importanza, non solo per quanto riguarda la narrazione, ma anche per un riscontro pratico nella realtà. La conoscenza del sé non è un procedimento automatico, autoindotto dal singolo che decide spontaneamente di cambiare: l’io di per se non è capace di essere esso stesso causa della sua rinascita. È necessario che entri in gioco l’Altro, componente essenziale da cui scaturisce il movimento e la crescita. Dimitri ha bisogno di Karl, il dottor Landri ha bisogno di Marco Pennacci, e Ines ha bisogno di Lara. 

Proprio per questo motivo la conclusione di questo articolo cita, non a caso, il titolo di uno dei romanzi più iconici di Margaret Mazzantini: la vita, per sua stessa definizione, è una lunga corsa ad ostacoli, e a tutti noi, prima o poi capiterà di cadere, di sentire un dolore tale da farci credere che rialzarci e procedere sia impossibile. Ma l’autrice, in 10 brevi racconti, ci ricorda che non siamo soli nella corsa, e solo ascoltando i nostri “grilli parlanti”, possiamo risollevarci, riemergere e continuare a correre. 


Nella galleria sottostante, i quadri e le illustrazioni ispirate ai racconti sopracitati

GLI ULTIMI DUE MESI DI MORTE”: Illustrazione di Valentina Vulpinari, Ispirato a Munch – Autoritratto con sigaretta

“SPENTA – L’AMICIZIA IN CINQUE ATTI”: illustrazione di Giovanna Fiaccabrino
Ispirato a Munch – Ritratto della sorella Inger


L’AUTRICE

Silvia Argento, Dipinti – Brevi storia di fragilità, Edizioni Ex Libris, 2020.

Silvia Argento, nata ad Agrigento nel 1997, è docente di Lingua e Letteratura italiana e latina; dopo la maturità classica consegue la laurea in Lettere Moderne e, successivamente anche la laurea in Italianistica, presso l’Università degli Studi di Palermo. Sin dall’infanzia mostra un particolare interesse per l’arte, soprattutto per la letteratura e la musica ed una grande curiosità per le scienze come l’astronomia. Già in quegli anni comincia a dedicarsi alla scrittura di poesie, racconti ed articoli. Alla sua attività di docenza affianca anche quella di copywriter e di redattrice per diversi siti di divulgazione culturale e critica musicale. Per Edizioni Ex Libris ha pubblicato la sua tesi di Estetica Dietro lo specchio – Oscar Wilde e l’estetica del quotidiano (2019).


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Francesca Manzoni

Redattrice di Cinema e Letteratura