Musica e Teatro

Essere musicista di strada ai tempi del covid-19

I buskers si trovano al momento anonimi e senza tutele. Ma chi sono i musicisti di strada e dove lavorano ora che una strada frequentata non c'è più?

Quella del busker, o musicista di strada, è una professione tanto antica quanto poco riconosciuta nell’era dell’industria discografica. Eppure c’è chi ancora la pratica, persino in tempi di coronavirus, quando una strada frequentata non c’è più. Scopriamo come.

Al di là dello stereotipo che lo relega a tipo da spiaggia poco talentuoso, quella del musicista di strada è una vera e propria professione: si tratta di un musicista che decide di portare la propria arte tra la gente, esibendosi perlopiù nelle zone cittadine più affollate. A chi non è mai capitato di fermarsi ad ascoltare la melodia di un violino, anche solo per pochi minuti, all’ingresso della metropolitana? Ben pochi, però, si sono soffermati a pensare cosa significhi svolgere una simile professione, quale e quanto lavoro ci sia dietro. Lo dimostra il fatto che, anche all’interno del mondo dello spettacolo, quasi nessuno abbia menzionato questa categoria tra quelle potenzialmente più colpita dal disastro economico causato dall’emergenza sanitaria. Per mesi, e fino a data da destinarsi, i musicisti di strada si ritrovano ora anonimi e senza tutele, dunque ulteriormente sfavoriti rispetto agli altri colleghi musicisti.

 

Chi è il musicista di strada

 

Quando parliamo di musicisti di strada ci riferiamo a una categoria molto ampia e diversificata. C’è chi pratica il busking a tempo pieno e si sostenta esclusivamente con i proventi che ne derivano, traendone spesso occasione per pubblicizzare le proprie produzioni. Chi ne fa un secondo lavoro. In molti casi si tratta invece di artisti indipendenti che utilizzano la strada come una vetrina, testando l’eventuale successo di nuovi progetti. Troviamo musicisti professionisti, perfino maestri di conservatorio, così come intrattenitori improvvisati. In ogni caso parliamo di musicisti che scelgono di offrire la loro arte a tutti, affrontando una sfida quotidiana: catturare l’attenzione di un pubblico freneticamente affaccendato. Vediamo alcuni esempi.

La storia di Edwin One Man Band è quella di una vera e propria scelta di vita. Laureatosi nel 2005 in Economia Aziendale presso l’Università Bocconi, vive gli anni successivi tra lavori precari e disoccupazione, finché decide di inseguire la passione che aveva finora relegato a hobby: la musica. Con molta fatica e determinazione, in pochi anni (2012-2014) avvia la sua carriera da musicista di strada, arrivando a girare l’Italia intera e facendo anche esperienze all’estero.

Tommaso Partesana ha invece avviato la sua carriera esibendosi nei locali cittadini. Solo successivamente ha scoperto la professione di musicista di strada, complice un periodo di permanenza a Copenaghen, città aperta in cui gli è sembrato possibile buttarsi in nuove esperienze. Anche una volta tornato a Milano non ha più abbandonato questa professione: ad oggi essa accresce il suo bagaglio di musicante, come ama definirsi. Ne parleremo più approfonditamente in una successiva intervista.

Per ultimo il caso di Matteo Terzi, busker milanese e tra i fondatori di ASM (Artisti di Strada a Milano), che ha girato tutta Europa suonando in strada.  Ha trovato infine fortuna in Belgio, dove ha partecipato nel 2018/2019 all’ottava edizione di The Voice, classificandosi secondo. Per lui, suonare in strada è però una vera vocazione: ottenuta una discreta visibilità, decide di sfruttarla soprattutto al fine di attirare un pubblico sempre più folto per le strade in cui tuttora si esibisce.

Quale strada?

 

Con l’arrivo dell’emergenza sanitaria le strade delle nostre città si sono svuotate e i musicisti di strada hanno così perso il loro palcoscenico. Molti di loro hanno deciso di esibirsi sui balconi o nei giardini anche per sostenere il vicinato, regalando momenti di distrazione o relax nelle lunghe giornate casalinghe. Come è ovvio, in questo caso la platea è limitata. Inoltre, con l’avvio della fase 2 molti musicisti hanno dovuto interrompere questa attività per evitare la formazione di assembramenti.

Un’altra soluzione molto diffusa è quella delle dirette via social. Si tratta di una modalità senz’altro insoddisfacente per un musicista abituato ad esibirsi in strada dal momento che viene a mancare il rapporto con il pubblico e soprattutto la possibilità di arrivare a tutti (la “missione” del musicista di strada). Da un lato, il divario digitale vede nel nostro paese circa il 30% della popolazione sprovvista di una connessione internet (dati Desi 2018). Per un altro verso, i social network ci espongono alla cosiddetta “isola felice” o “camera dell’eco” per la quale l’utente si trova come imbrigliato in una rete di contenuti selezionati appositamente per lui. Diventa dunque molto difficile arrivare a una vasta platea se si è perlopiù sconosciuti come nel caso dei musicisti di strada.

L’ASM, Associazione Artisti di Strada di Milano, in collaborazione con l’omonima sezione di Confesercenti, ha proposto agli assessorati di trovare nuovi spazi dove far esibire gli artisti, ad esempio davanti ai supermercati. Per ora nessun risultato è stato ottenuto, vista la complessità della procedura a livello burocratico (che deve essere in accordo con la regione e con i DPCM), ma “L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo dalle istituzioni, che stanno dimostrando tutta la loro disponibilità” spiega Dario Buccino, Presidente dell’ASM. In merito, dichiara: “Vogliamo ritornare in strada, rispettando le regole, per ridare innanzitutto un senso di normalità ai cittadini. Se la città non vive, rischiamo di andare incontro anche a un ulteriore disastro psicologico e sociale. Noi vorremmo fare la nostra parte”.

L’assenza di tutele

 

Come già detto, con l’emergenza sanitaria i musicisti di strada hanno perso il loro lavoro. Per coloro i quali questa professione costituiva l’unica fonte di reddito la situazione è particolarmente difficile. I buskers non hanno infatti diritto a bonus o alcun tipo di tutela, dal momento che non sono riconosciuti come categoria professionale.

Da anni alcune associazioni lottano perlopiù contro gli stessi artisti che rifiutano, nella maggior parte dei casi, di farsi inquadrare in una categoria al fine di evitare oneri fiscali e contributivi. In poche parole, se non ci sono oneri (peraltro non previsti nemmeno per i diritti d’autore) non si possono pretendere tutele: è la logica del diritto/dovere. Per questo motivo il mondo degli artisti di strada sta lavorando affinché vengano effettuate delle trattenute al momento della prenotazione delle postazioni.

Al momento, non resta altro da fare che supportare i nostri buskers preferiti a distanza, nella speranza di poterli presto rivedere tra le nostre strade.

 

arateacultura.com

https://video.repubblica.it/dossier/l-italia-riparte/cantare-con-la-mascherina-e-concerti-davanti-ai-supermercati-la-fase-2-dei-musicisti-di-strada/359781/360334