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Atti di Sottomissione di Megan Nolan – Recensione Premio Strega Europeo 2022

di Nicola Vavassori

Atti di sottomissione è il romanzo d’esordio della giovane autrice irlandese Megan Nolan, finalista nel 2022 del Premio Strega Europeo e del Sunday Times Young Writer of the Year Award. Questi traguardi, tuttavia, si spiegano soltanto per la grande popolarità raggiunta dal romanzo, diventato virale tra le influencer, dal momento che nel concreto l’opera potrebbe primeggiare soltanto trai bestseller del Booktok. Eppure un motivo ci sarà se ha raggiunto una sua forma di successo. La recensione di quest’opera è dunque un’ottima occasione per stilare la ricetta perfetta per scrivere un bestseller e finire in tendenza sui social.

Atti di sottomissione

Primo ingrediente: la storia d’amore tossico. Se si vuole piacere ai teenager bisogna parlare ai loro cuori, feriti dagli amori che fanno più male, nonché gli unici che abbiano mai esperito: quelli adolescenziali. Prendete dunque una protagonista senza nome, così che il lettore vi si possa immedesimare, ma datele 25 anni, così sembrerà tutto più maturo e le scene di sesso non risulteranno troppo scandalose. Attribuite a questa protagonista una serie di vizi e abitudini malsane (alcolismo, un passato da drogata) e finte ribelli (la passione per la discoteca, la promiscuità sessuale).

Alla prima pagina fatele incontrare Ciaran, un adone pieno di chiaroscuri polarizzati: appassionato d’arte ma violento, bellissimo ma geloso e via dicendo. A pagina 42 descrivete una scena da “red flag”, che segnerebbe la fine istantanea della storia d’amore e del romanzo se solo ci fosse una persona sentimentalmente matura al posto dell’innominata protagonista: alla prima uscita con gli amici di lei, Ciaran prima li ignora e poi sentenzia “Quelle persone non sono i miei amici. Solo perché io e te andiamo a letto insieme non significa che siano miei amici. […] Che c’è? Vuoi che ti dica che mi sto innamorando di te? Perché non è così.” Ma a questo punto sorprendete i lettori: la storia d’amore prosegue per altre 250 pagine, tra tradimenti, bugie e una protagonista che si annichilisce fino a diventare la peggiore versione di se stessa per conquistare il bello impossibile e poi capire di non volerlo più.

Secondo ingrediente: la brevitas. Ricordatevi che il target di pubblico a cui puntate non legge o non ha voglia di leggere nulla di impegnativo. Il vostro potrebbe essere l’unico libro che sfogliano quest’anno: dovete teneteli incollati. Quindi scrivete capitoli non più lunghi di due pagine, anche al costo di dividere in due o tre parti una sequenza coesa. Lo scopo è quello di mostrare sempre la fine del capitolo, bene in vista per chi legge: un traguardo bianco segnato dal vuoto sulla pagina, per incoraggiare il lettore a fare un passo alla volta, perché tanto manca poco. Per unire l’utile al dilettevole, inventatevi dei salti temporali tra uno spazio bianco e l’altro che rendano il libro un memoire raccontato attraverso confusi flashback diaristici: se vi va bene qualcuno potrebbe vederci dell’avanguardia.

Ingrediente finale: l’apologia del vittimismo. Arrivati a questo punto vi sarete resi conto che il vostro romanzo è un po’ troppo drammatico e stucchevole. Potrebbero tacciarvi di vittimismo. Allora ripetete per cinque o sei volte nel corso del libro che non siete vittimisti: magari basta per convincere qualcuno. Questo vi permetterà inoltre di accedere all’elite dei difensori radicali dei diritti liberali, una wunderkammer dove verrete protetti dallo scudo del buonismo.

Sì perché parlare di drammi estremamente gravi come la violenza sulle donne e lo stupro è una questione di indubbia importanza, soprattutto nella società di oggi in cui quei diritti vengono continuamente messi in discussione nonostante i notevoli progressi degli ultimi decenni. Ma non basta parlarne per aver scritto un bel libro ed essere esenti da critiche. Non basta parlarne, ma bisogna anche parlarne bene, soprattutto in un contesto sociale in cui biasimare il maschilismo tossico e difendere i diritti umani NON è più un atto di rivoluzione coraggiosa, ma la normale opinione di chiunque legga dei libri. È la base da cui partire, comunemente condivisa, non il traguardo che dia senso all’opera. Quindi ci si aspetta almeno di leggere qualcosa di originale. Siamo tutti d’accordo che i temi trattati in Atti di sottomissione sono drammaticamente reali, attuali e necessitano una maggiore rappresentazione in letteratura, ma il modo in cui sono stati rappresentati dalla Nolan, purtroppo, è poco efficace.

Difficile infatti è empatizzare con la protagonista, fastidiosamente passiva nei confronti delle proprie scelte di vita e altrettanto ossessiva nel suo annichilimento d’amore. Non è la sorella in cui ci si può identificare con compassione, ma l’amica testarda a cui ci si stufa di spiegare i motivi palesi dei suoi fallimenti amorosi. Non aiutano i dialoghi, prevedibili e semplicistici. Sfumano sullo sfondo i personaggi, poco caratterizzati e molto dimenticabili.

Ingrediente extra: fingersi un romanzo erotico. Se siete fortunati, la casa editrice italiana incrementerà a dismisura le vendite del vostro romanzo modificandone l’impacchettamento. Acts of desperation, titolo originale dell’opera, diventa il più piccante Atti di sottomissione, con allusioni maliziose a rapporti sessuali masochistici come quelli tanto amati in Cinquanta sfumature – ma completamente assenti nel libro della Nolan. Copertina rosa con cosce di donna sotto una gonnellina rosa. E il gioco è fatto. Forse sarebbe stato meglio intitolarlo Atti di liberazione, come proposto dalla traduttrice italiana.

A proposito della traduttrice, Tiziana Lo Porto, non me ne voglia per questo commento molto critico: la sua ottima nota finale è stata la mia parte preferita del libro.


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