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“E poi saremo salvi” di Alessandra Carati – Premio Strega 2022

Di Francesca Manzoni

Nello scrigno dei nostri ricordi, in quanto uomini, riserviamo un posto speciale all’infanzia, idilliaca parentesi tra la nascita e la vita adulta. Ad essa ci aggrappiamo quando abbiamo bisogno di conforto, sfiorando con la mente quei luoghi felici, abitati dall’affetto e dal calore di momenti sospesi in un tempo ormai lontano. Ogni pensiero passato è inevitabilmente associato ad uno spazio: la casa d’infanzia, la cucina dei nonni, il parco giochi, l’asilo o quel cortile dove si giocava con gli amici. Questi luoghi sono il gancio che tiene collegato ciò che eravamo a ciò che siamo. 

Immaginiamo dunque, per un momento, che tutto ciò venisse, in poche ore, irreversibilmente distrutto: non solo gli spazi in cui abbiamo vissuto, ma anche la purezza dei ricordi che ad essi ci legano. Sembra assurdo pensare quell’idilliaca parentesi a cui siamo soliti aggrapparci nei momenti di sconforto o nostalgia come un “privilegio per pochi”, ma basta aprire un giornale, o accendere il televisore per vedere questa accecante verità messa a nudo dalla brutalità della guerra.

Di questa frattura ci parla Aida, protagonista del romanzo d’esordio di Alessandra CaratiE poi saremo salvi” (Mondadori, 2021): lei è una giovane bosniaca, vittima inerme della guerra che, tra il 1992 e il 1995, ha martoriato i Balcani, lasciando cicatrici indelebili ad un intero popolo in fuga. 

Trama e struttura del romanzo

Alessandra Carati, nel suo romanzo, da voce, attraverso un sapiente e delicato uso della prima persona, ad Aida, che, ormai adulta, da forma ai suoi ricordi, passando dall’idillio infantile, bruscamente interrotto dal trauma della fuga, arrivando all’adolescenza, fino a trovarsi, quasi all’improvviso cresciuta, donna. La narrazione è strutturata attraverso lo scandirsi di cinque capitoli che rappresentano dei veri e propri salti temporali: la vita della protagonista non viene così raccontata per intero, ma si configura come un percorso che noi, in quanto lettori, intraprendiamo con lei, attraverso quei momenti di svolta, di crescita e cambiamento, che veicolano quella sua, tanto velata quanto agognata, ricerca di salvezza. 

La storia di Aida comincia con “l’unico ricordo intatto della sua infanzia”, vissuta al villaggio insieme ai nonni, al cugino Samir, alla mamma e alla zia Mejra. La sua parentesi felice viene interrotta, nell’aprile del 1992, dalla FUGA: lei e la mamma, all’epoca incinta, sono costrette a scappare. La guerra, veloce e inarrestabile, stava arrivando: nessuna valigia, nessun ricordo, nessun addio, solo la frenesia di una corsa nei boschi. In tasca hanno salda la speranza che, prima o poi, sarebbero tornate a casa. Il loro “babo” le aspetta, insieme alla salvezza, alla frontiera. 

Inizia così per Aida una nuova vita, a Milano, in Italia. Un nuovo frammento, quello vissuto tra il 1992 e il 1993, intitolato “LA FAMIGLIA”: la gioia per la nascita del fratellino Ibro si scontra con la depressione della madre, tormentata dalla consapevolezza che il suo popolo e la sua famiglia stanno vivendo la guerra. Il senso di colpa per essere salvi e la straziante immagine di una casa bruciata e distrutta, metafora delle memorie di tre generazioni, rendono invalicabile il pensiero di un’infanzia felice e spensierata, creando una prima, importante, frattura.  

Ci siamo seduti e ha raccontato che i soldati erano entrati e avevano bruciato tutto. Ho chiuso gli occhi, ho provato a immaginare la nostra casa invasa dalle fiamme, il campo in cui giocavo, il granaio dove io e Samir ci nascondevamo quando combinavamo qualcosa di grosso, le mie bambole sotterrate

Alessandra Carati, E poi saremo salvi, Mondadori, 2021.

Nei primi anni trascorsi in Italia, in una casa nella periferia a sud di Milano, la famiglia di Aida riceve aiuto e assistenza da Franco e Emilia, due volontari con cui, in poco tempo, la protagonista instaura un rapporto quasi familiare, vivendo con loro un esistenza a tratti parallela. Nella sua persona cominciano a coesistere, non sempre pacificamente, due parti di sè: quella ancorata alla sua famiglia d’origine, rappresentativa di uno schema di valori culturalmente distante dalla sua quotidianità (dalla quale però è vincolata nel legame di sangue) e una legata al suo vivere il presente, parte integrante della dimensione culturale in cui forma la sua identità. 

Mia madre guardava le patate che galleggiavano nella minestra. Ibro giochicchiava con la crosta del pane. «Fai quel che ti pare, tanto prima o poi si torna al villaggio.»

Lo ripeteva da quasi dieci anni. Ho sorriso, abbassando la testa per non farmi vedere. Un giorno avrei scelto ogni cosa della mia vita, ma non gliel’ho detto.

Alessandra Carati, E poi saremo salvi, Mondadori, 2021.

Nel 2001 / 2002 sono ormai 10 anni che Aida vive con la sua famiglia in Italia: la guerra è finita ma il villaggio che avevano lasciato non esiste più, come il popolo che lo abitava. Ed è proprio in questo senso di smarrimento che tra la protagonista, ormai sedicenne, e la sua famiglia, si alza, invalicabile, un muro, destinato a sancire LA SEPARAZIONE. In questo capitolo, centrale all’interno del romanzo, Alessandra Carati riesce sapientemente ad analizzare, tramite lo sguardo a tratti incredulo di un adolescente, uno scontro generazionale, figlio di un senso di incomunicabilità che trascende la persona, diventando scontro tra culture differenti all’interno dello stesso nucleo.

IL RITORNO, tra il 2012 e il 2013, può realizzarsi solo a causa della malattia di Ibro, fratello minore della protagonista, che diventa la chiave di volta per il ricongiungimento non solo con la famiglia, ma anche con una parte di sé che aveva, per molti anni, sepolto, ignorandone l’essenzialità. 

Li sentivo respirare, mi sono sorpresa a desiderare di essere coccolata come quando ero bambina, ho allungato una mano e ho trovato quella immobile di mia madre. Era rugosa e leggera, come una corteccia di sughero, senza più linfa. In un colpo ho visto il tempo trascorso, la fatica della costruzione di una vita e il rovescio del destino che aveva scombinato tutto. Mi sono chiesta come si possa sopravvivere alla propria vita. Ho sentito un grande calore nel petto, un amore siderale per i due esseri umani che mi respiravano accanto. Aveva ragione il vecchio Ibro, ci aveva riunito.

Alessandra Carati, E poi saremo salvi, Mondadori, 2021.

Nel capitolo finale del racconto, intitolato LA CASA, vediamo come i due mondi in conflitto ritrovino finalmente un equilibrio nell’età adulta. L’autrice riesce, nelle ultime pagine del romanzo, a condensarne magistralmente il significato, senza bisogno di costruzioni eccessive o retoriche, ma attraverso la semplicità di un linguaggio elegantemente delicato. 

La fragilità di Aida: un equilibrio precario tra due realtà

Alessandra Carati nel suo romanzo d’esordio racconta la storia di un popolo in fuga, costretto da volontà diverse dalla loro a lasciare la propria casa, fatta di ricordi, alla ricerca di un luogo sicuro, in cui poter continuare a vivere. Su questo presupposto si instaura, nello scorrere le pagine, la difficoltà, vissuta dalla protagonista, di non sentirsi legata a nessun luogo: la sua patria e il suo villaggio ormai non esistono più, e allo stesso tempo, non riesce a legarsi completamente alla città che l’ha adottata, vedendola crescere. 

Aida è bloccata, incastrata tra due mondi in cui non riesce a vivere a pieno: la sua famiglia bosniaca, non accetta, anche con il passare degli anni, una nuova quotidianità in terra straniera, ancorandola nella memoria di un mondo passato. Sua madre e suo padre non ammettono l’idea di una vita diversa, continuando, imperterriti a sperare che, prima o poi, torneranno a casa, e che in quel momento, tutto sarà come prima. 

I miei genitori sembravano non fare caso alla mia assenza, erano in balìa di un caos perenne, non smettevano di dire che saremmo tornati in Bosnia e che la vita in Italia era una pausa tra due tempi. Perciò quando Emilia aveva detto che dovevano cominciare a pensare di mandarmi a scuola, erano rimasti spiazzati

Alessandra Carati, E poi saremo salvi, Mondadori, 2021.

La non accettazione è però figlia del rimorso, un senso indelebile di colpa per essere fuggiti. Una famiglia, quella raccontata dal romanzo, la cui esistenza è dilaniata dal rimpianto di non aver combattuto, di non essere rimasti: la visione delle immagini di compatrioti trucidati e villaggi rasi al suolo rende impossibile la ricostruzione di una serenità in Italia. Si chiudono così nella religione e nelle tradizioni, unico punto di contatto con una cultura distrutta e dilaniata dall’odio degli uomini. 

Allora i miei genitori avevano capito di aver perso tutto, ma proprio tutto e che per sempre sarebbero stati esuli, perché il Paese così come lo avevano conosciuto era andato perso. Avrebbero solo potuto immaginarlo e sognarlo e desiderarlo, e come accade con qualcosa che non può tornare, la nostalgia aveva preso possesso dei loro cuori. In babo era diventata rabbia, nello zio Tarik vino, in mia madre piccole disperazioni quotidiane che la coglievano all’improvviso, la svuotavano e la lasciavano senza forze. In me avevo acuito un senso di estraneità, che mi portavo dietro nella nuova vita italiana

Alessandra Carati, E poi saremo salvi, Mondadori, 2021.

La giovane Aida con il passare degli anni capisce che ciò che sta vivendo è un dolore a lei profondamente estraneo: la sua vita e il suo sistema ideologico si sono formati in Italia, e il suo linguaggio emotivo è estraneo a quello dei genitori. Da qui la scelta di allontanarsi, abbracciando la vita italiana di Franco ed Emilia, entrando a far parte della loro famiglia e abbandonando, per 10 anni, i suoi legami di sangue. Il romanzo si trasforma così in un viaggio interiore, alla ricerca della propria identità e delle proprie radici: la malattia di Ibro, fratello minore della protagonista, si configura paradossalmente come un evento epifanico, poiché permette ad Aida non solo di riavvicinarsi alla sua famiglia ma anche alla sua cultura madre.

Ed è proprio questo ricongiungimento, reso possibile dal dolore comune, a scrivere la parola fine di un lungo viaggio di formazione, che permette alla protagonista di abbracciare due famiglie, due culture e due radici. Il conflitto generazionale viene superato e sconfitto, quasi circolarmente, dalla presa di coscienza che entrambe le parti sono radicate in lei, e in quanto tali, l’hanno ugualmente formata.

Aida è, al termine del romanzo, un medico affermato, che gira il mondo e accoglie tutte le opportunità che la vita in Italia le ha concesso. Riesce però a guardarsi indietro, a tornare con serenità nel villaggio in cui è nata per accudire la madre: i rancori si sono trasformati in ricordi, e finalmente può permettersi di stringere il corpo della donna che l’ha concepita e sentirne, rovente, il calore materno. 

L’ha guardata come fosse un’apparizione, l’ha stretta in un pugno, poi mi ha abbracciato.

Mi teneva vicina al cuore e mi cullava.

“Kuća moja mila» continuava a ripetere mentre le nostre guance diventavano lucide.

Dentro il suo corpo caldo, ho trovato il segreto della mia infanzia

Alessandra Carati, E poi saremo salvi, Mondadori, 2021.

E poi saremo salvi, ma lo saremo davvero

Con Alessandra Carati, il team Mondadori, si presenta al Premio Strega 2022 (a prescindere dall’esito finale) con una “carta vincente”. La guerra e le sue fratture vengono proposte all’interno del romanzo in una prospettiva non comune e non convenzionale: quella di chi fugge, di chi sceglie di vivere una vita a metà, nel dolore e nel rimpianto di essere stati estirpati dalla terra in cui per generazioni si erano sedimentate solide radici.  

Il viaggio intrapreso da Aida verso l’età adulta è il viaggio verso una salvezza che non si manifesta istantaneamente, superati i confini della Bosnia. È un percorso tanto esteriore, di integrazione in una nuova società ospitante, quanto interiore, di accettazione del dolore e di superamento di ogni claustrofobico rimpianto. Ogni componente della famiglia compie, nell’arco di vent’anni, lo stesso lungo “viaggio di formazione”, riappropriandosi, in ultima battuta, di quella a tanto ricercata salvezza che la guerra gli aveva sottratto.


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Francesca Manzoni

Redattrice di Cinema e Letteratura