Critica di Prosa,  Letteratura,  Premi Letterari,  Premio Strega Europeo

Euforia di Elin Cullhed – Recensione Premio Strega Europeo 2022

di Nicola Vavassori

Il primo romanzo per adulti di Elin Cullhed, Euforia, come leggerete anche altrove, è una biografia dichiaratamente romanzata dell’ultimo anno di vita della scrittrice e poetessa statunitense Sylvia Plath, prima del suo suicidio. Ma non solo – aggiungo io. C’è un altro elemento che rende quest’opera degna di essere letta anche da chi non conosce l’autrice: la storia della Plath non è fine a se stessa, ma funzionale a un tema più ampio che sostiene l’impalcatura del libro: la maternità.* Per una volta ci troviamo davanti a un testo scritto che non cerca di reggersi sulla popolarità di un argomento virale, ma lo sfrutta a suo vantaggio per sviluppare una riflessione più vasta e complessa. Meritata dunque è la classificazione come vincitore del Premio August 2021 (il più prestigioso riconoscimento letterario svizzero), e il secondo posto al Premio Strega Europeo 2022 – che avrebbe anche potuto vincere se in gara non ci fossero state le opere della Nothomb e di Shishkin, due rari capolavori, che hanno ottenuto il primo posto in ex-aequo (recensiti qui).

Euforia

Il ritratto della Plath tracciato dalla Cullhed è inedito e pur molto coerente. Sembrerebbe assurdo, infatti, immaginarsi l’autrice de La campana di vetro – opera semi-autobiografica che racconta la depressione e il primo tentato suicidio della poetessa – dipinta come una madre in balia dell’altalena travolgente della maternità. Eppure questa euforia contraddittoria d’amore e di avversione nei confronti dei figli e del marito, si inserisce alla perfezione nella vicenda della Plath, regalando ai lettori una prospettiva teneramente umana sulla sua figura, che solitamente si è abituati a scorgere solo attraverso il velo della poesia.

La potenza e il desiderio di generare la vita, però, si scontra con l’ambizione di realizzarsi professionalmente e fare carriera come scrittrice, poco meno di un’utopia per una donna all’inizio degli anni Sessanta. Il tutto è aggravato da una pressione asfissiante se si è sposati con uno scrittore di successo come Ted Hughes, libero di scrivere pezzi per la BBC e di viaggiare in tutta l’Inghilterra mentre la moglie incinta pulisce casa e accudisce la prima figlia. L’amore per un uomo modello, di successo, in carriera, che infondo rappresenta un punto di riferimento stabile per la Plath, non riesce a far pace con le negligenze sentimentali dello stesso. Ted trascura la moglie, è vero, ma lo fa attraverso mille piccoli dettagli: silenzi interrotti, parole non dette, gesti, sguardi evitati, il tutto intervallato con sporadiche manifestazioni d’affetto, al limite della manipolazione psicologica, che risollevano la speranza in una donna disperata d’amore prima di ricacciarla nel baratro. Così Lui rimane quasi inattaccabile nel suo disamore, mentre in Lei germoglia un presentimento a cui non è in grado di dare un nome, e che pian piano diventa insopportabile.

Il tutto si svolge nella claustrofobia dell’ambiente domestico, che fa da sfondo alla stragrande maggioranza delle scene nel romanzo. È il luogo dove la Donna sembra dover appartenere: il suo posto nella società. Eppure il filo sottile del progresso sociale penetra anche tra i muri di casa e la Plath inizia a covare in sé quelle tematiche che saranno la genesi del femminismo moderno: la tossicità del modello patriarcale, la carenza di diritti lavorativi femminili, le difficoltà economiche nel mantenere due figli, ma anche qualcosa di più sottile, come il rimpianto per una patria, l’America, che ci si è lasciati alle spalle per inseguire l’amore fino a un’Inghilterra che non diventerà mai davvero casa, per non parlare della pressione sociale di doversi mostrare donna e madre perfetta non solo gli occhi del mondo, ma soprattutto agli occhi della propria di madre.

Eppure questo processo di emancipazione femminile non arriva mai a deformarsi nella caricatura della donna libera spesso tipica del paradigma femminista. Al contrario, la Cullhed ci ricorda che una donna indipendente non smette di essere donna. Diventare madre per Sylvia Plath non significa realizzare un modello conservatore di famiglia imposto dal di fuori, ma un profondo desiderio istintuale che proviene da dentro. La separazione con il marito non è il pretesto per una sfilata libertina dei diritti sessuali femminili, ma la drammatica rottura di un modello monogamo in cui erano riposte delle speranze sincere. L’umiliazione del tradimento e il dolore patetico della gelosia, infine, non sono mascherati o omessi come è tipico dell’ideale di donna forte e dall’animo inscalfibile. La Sylvia Plath di Euforia, insomma, è una delle donne più reali di cui si possa leggere nella letteratura contemporanea.

La credibilità dell’opera è accresciuta poi dai numerosissimi dettagli biografici riguardo a Sylvia Plath che la Cullhed inserisce tra i capitoli di Euforia. Non a caso l’autrice rivela di aver fatto della Plath una vera e propria ossessione, fino a renderla un proprio alter-ego scrivendone la storia in prima persona. Entrambe sono madri scrittrici sposate con uno scrittore, in lotta per trovare un ritaglio di vita da dedicare a se stesse. I riferimenti a tutti gli scritti della Plath e di Hughes (dai diari alle poesie, ai romanzi, alle interviste), ma anche alle loro personalissime vicende biografiche sono talmente ben studiati da impigliarsi anche nelle parole usate dai personaggi. Ricorrente è per esempio il paragone di Ted con un corvo, richiamando il libro di poesie che Hughes pubblicherà nel 1970, Crow. Per non parlare dei numerosissimi parallelismi con La campana di vetro, il cui processo di pubblicazione è apertamente raccontato nell’opera della Cullhed.

Altre volte questi riferimenti sono meno evidenti e rimangono nascosti anche ai lettori più attenti. Ad esempio una delle uniche scene del libro che si svolge all’aria aperta, quando Ted porta Sylvia a vedere il mare – lui euforico e lei ormai già spenta -, acquista un altro sapore se si considera che Hughes aveva da sempre una passione per il mondo oceanico, trasmessa al figlio Nicholas, che infatti diventò biologo della pesca. E forse è questo uno dei pochi limiti di Euforia: è impossibile godere pienamente dell’opera cogliendone ogni significato: per farlo sarebbe necessario conoscere la storia e le opere della Plath con la stessa ossessione della Cullhed. Addirittura il finale della vicenda è raccontato in modo estremamente ambiguo e può essere compreso soltanto conoscendo alcuni elementi della biografia di Ted Hughes, non esplicati nell’opera.


* Da questo punto di vista Euforia è curiosamente speculare a Il tuffatore, l’ultimo romanzo di Elena Stancanelli, candidato al Campiello 2022, che ho da poco recensito qui: esso è un romanzo-saggio sulla vita di Raul Gardini, con intento biografico e informativo, scevro da qualsiasi elemento romanzato, che analizza sì temi contemporanei, ma in secondo piano rispetto ai fatti. Personalmente preferisco l’esito della Cullhed.

https://www.arateacultura.com/