Critica di Prosa,  Letteratura

Padri e figli moderni ne “Gli Sdraiati” di Michele Serra

di Michele Santoni
in collaborazione con Opera Sant Alessandro

Parlare di padri e parlare di figli è un compito arduo che spesso la letteratura si è sobbarcata nel corso dei secoli. L’uno lo specchio dell’altro, queste due identità si intrecciano a formare la domanda plurale: chi siamo? Ma qual è la differenza di questo rapporto rispetto al passato? Michele Serra, 10 anni fa, provava a rispondere a queste domande con il romanzo Gli sdraiati, poi adattato da Francesca Archibugi nell’omonimo film del 2017 con Claudio Bisio e Gaddo Bacchini nel ruolo di un padre e di un figlio moderno. Oggi il libro è ancora attualissimo e viene letto da molti studenti del liceo. Noi lo abbiamo presentato al Liceo Sant’Alessandro di Bergamo, nel corso di un laboratorio di letteratura contemporanea e uno studente, Michele Santoni, ci ha proposto questa recensione.

La storia raccontata da Michele Serra riguarda principalmente il rapporto padre-figlio e quanto sia complicato al giorno d’oggi. La vicenda è ambientata nella città di Milano e ha come personaggi principali appunto un padre, Giorgio Selva, (il quale è anche il narratore) e suo figlio Tito: tra i due regna una grande incomprensione. Giorgio si lamenta del figlio, delle sue abitudini, del suo stile di vita e delle sue passioni: non capisce come faccia Tito vivere in quel modo, sporcando casa, mangiando ad orari irregolari, andando a letto quando il mondo si sveglia e svegliandosi quando il sole è già alto. Ma la cosa che il padre non sopporta di più è che Tito sia sempre collegato a quegli affari infernali anche detti comunemente iPad, cellulari e computer. D’altra parte, anche Tito si sente incompreso, ma senza capire il perché. Non comunica molto con il padre e, purtroppo, la madre non è presente.

Attraverso il racconto di questo controverso rapporto, Michele Serra cerca di farsi delle domande molto attuali, che fanno riferimento al passaggio generazionale che sta avvenendo in quest’epoca: Quando è successo? Come è successo? Dove ci siamo persi? Le generazioni prima del duemila erano molto diverse dai ragazzi di oggi e l’autore si domanda se questo cambiamento porterà all’alba di un mondo dedito alla pigrizia, oppure di un nuovo tipo di lavoratori, legati alla tecnologia. Lo scrittore non riesce pienamente a rispondere a queste domande complicate – ben pochi ce la farebbero –, ma quello di dare delle risposte non sembrerebbe essere il suo intento principale, quanto piuttosto far emergere degli interrogativi.

Secondo Giorgio questo cambio generazionale così radicale è arrivato con l’avvento della tecnologia. Questa è molto utile, ma ha portato poi a facilitare troppo la vita dei giovani. Ad esempio, i motori di ricerca come Google o la spesa online facilitano forse troppo il lavoro ai giovani, abituandoli alla pigrizia e a ottenere tutto in pochi click, senza fatica. Le generazioni di oggi, quindi, hanno molto di più di quelle precedenti, ma sono più povere nello spirito, hanno meno voglia di lavorare e di porsi obbiettivi precisi nella vita, al contrario dei loro genitori che, invece, avevano meno libertà di studiare e di sognare, ma già a vent’anni potevano vantare un posto di lavoro fisso. Emerge però anche un’altra prospettiva: è davvero colpa soltanto dei giovani se in loro si è maturata questa abitudine? Oppure anche il mondo è cambiato rendendo più complesso il loro ingresso nella società contemporanea?

Quello che Michele Serra vuole dire è che ci vorrebbe una via di mezzo fra le generazioni precedenti e quella moderna. Le generazioni passate sognavano forse troppo poco e questo portava ad avere una vita statica: trovare un lavoro stabile con un salario medio, sposarsi e vivere “per sempre felici e contenti”. Al contrario si potrebbe dire che la generazione di oggi sogna troppo, come se ci volesse poco per realizzare i propri sogni. Non che sognare non sia importante, anzi, avere delle aspirazioni è fondamentale, ma quando si sogna troppo ci si stacca dalla realtà e si finisce per non combinare più niente.

Quindi l’importante è che si crei un dialogo reciproco. I genitori devono confrontarsi di più con i figli e cosa più importante cercare di comprendere la loro generazione. I figli devono rimboccarsi le maniche e capire che i risultati arrivano solo con il duro lavoro. Altrimenti, come scrive Michele Serra, arriveremo in un mondo dove gli anziani tireranno il mondo e i giovani rimarranno a casa aspettando che la bella vita si realizzi da sola.

https://www.arateacultura.com/