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“La Cantadora” di Vanni Lai – Premio POP 2024

di Alessandro De Marchi

La Sardegna è un territorio ricchissimo di tradizioni musicali, etnografiche e culturali che, in seguito ad una profonda riabilitazione da parte della comunità isolana, riaffermano l’immagine di una profonda identità collettiva. Tra queste tradizioni assume un interesse particolare il cantu a chiterra, un tipo di canto monodico in lingua sarda, nato nel Logudoro e diffusissimo in tutto il territorio dell’isola. Nella sua versione novecentesca, il cantu a chiterra ha trovato il suo massimo contesto espressivo all’interno delle feste di paese, durante le quali si organizzava una vera e propria sfida tra i cosiddetti Cantadores, cantanti che, accompagnati da un chitarrista e da un fisarmonicista, si davano battaglia a suon di improvvisazioni musicali. È proprio a partire da questo ambiente, animato da feste patronali, corse di cavalli e gare musicali, che prende avvio la narrazione de La Cantadora, romanzo d’esordio dello scrittore sassarese Vanni Lai.

La Cantadora Vanni Lai

L’autore è discendente di una di queste figure, la tanto misteriosa quanto affasciante Cantadora Candida Mara, e, incuriosito dalle voci e dalle leggende che circondano la sua antenata – una donna dal talento straordinario e dalla fama di fattucchiera – decide di raccontarci la sua storia. Per farlo, però, Lai, seguendo una delle principali tendenze del contemporaneo, scrive un libro che ibrida in maniera interessante la letteratura di realtà e il racconto di finzione.

In questo senso, il testo di Lai, strutturalmente composito, si divide in 4 parti, alternate secondo i due principali dominii di appartenenza: la realtà fattuale e l’invenzione romanzesca.

La prima parte, intitolata il grammofono d’oro risponde a quello che il critico francese Laurent Demanze definisce paradigma dell’inchiesta[1].

Secondo Demanze, le opere che rispettano questo paradigma si presentano come testi che non solo raccontano alcuni eventi e alcuni contesti ma che, allo stesso tempo, rendicontano l’indagine compiuta dall’autore su questi eventi e questi contesti, portando avanti un progetto di scrittura.

In queste opere, dunque, il racconto tende ad una certa trasparenza, esponendo i suoi presupposti, le sue difficoltà, i suoi argomenti e mettendo in mano al lettore tutte le informazioni con cui valutare e giudicare l’operato dell’autore.

Nella prima parte, dunque, uno scrittore fallito – figura testuale dell’autore reale Vanni Lai – si imbarca in una complessa ricerca documentaria sulle tracce della sua antenata, accompagnando i lettori sul campo, negli archivi di stato e nelle conversazioni con le persone che potrebbero aver conosciuto Candida. Questa ricerca, dopo una serie di difficoltà – di cui l’autore rende conto senza sconti o nascondimenti – perviene ad una serie di informazioni come la data di nascita della Cantadora, le voci sul fascino irresistibile che esercitava sugli uomini, lo scandalo dato a causa di una convivenza con un uomo sposato ed infine la data di morte, pervenuta probabilmente in seguito ad un intervento di rimozione di un neo che la donna aveva sul viso e che contribuiva a definire la sua bellezza intrigante.

Ed è qui – dopo aver risposto solo ad alcune delle domande sollevate dalla sua inchiesta – che Lai decide di prendere una strada differente rispetto alle aspettative: secondo Demanze infatti, i testi che appartengono al paradigma dell’inchiesta raramente pervengono ad un esito univoco e conclusivo, ma più spesso si fermano su un punto di ulteriore apertura e complicazione, di incertezza. Lai, al contrario, una volta raccolte tutte le informazioni possibili, non si ferma sulle lacune ma utilizza l’immaginazione e l’invenzione romanzesca per colmare i vuoti lasciati dalla storia e dalla memoria. La narrazione, nella seconda parte – intitolata proprio la Cantadora – non dà le spalle al fascino dello storytelling ma, proponendo arrangiamenti per tagli, per scene e per montaggi alternati e compositi –  sempre di natura romanzesca – stimola l’adesione di carattere immersivo tipica del romanzo per dare un senso ed una sistemazione ai risultati – fattuali – dell’indagine dell’autore.

Nella seconda parte vediamo allora entrare in scena proprio la Cantadora, ne seguiamo le vicende e soprattutto ne leggiamo i pensieri e le parole, secondo le tendenze di uno dei generi tipici del contemporaneo: la Biofiction.

Per Marco Mongelli, uno dei principali studiosi di Biofiction in Italia, questo tipo di scrittura ha come obiettivo quello di “finzionalizzare” la biografia di una persona realmente esistita utilizzando la fiction non come “una menzogna mascherata, ma come uno strumento euristico che fa comprendere qualcosa che non potremmo conoscere altrimenti”[2]. Secondo Mongelli, perché vi sia Biofiction è necessario che i due termini dell’ibridazione – il fact e la fiction – siano chiaramente riconoscibili e che dunque una biografia storicamente documentata non sfugga “all’immaginazione di chi la racconta e, in definitiva, la riscrive”[3].

L’operazione di Lai, come abbiamo visto, rispetta proprio questi principi poiché l’io narrante non solo esibisce i documenti – sia attraverso la riproduzione di canzoni dei Cantadores, rigorosamente in Sardo, sia citando le sue fonti in un’apposita appendice – ma riscrive propriamente la biografia della sua antenata dandole parola ed innervando il suo racconto con le leggi della Fiction.

Nella terza parte, Dispedida, l’io narrante riprende la parola riportandoci nel dominio dei fatti e raccontandoci la sua ultima scoperta: Candida Mara e Giovanni Brotzu – il primo marito della donna – avevano avuto un’erede, una bambina di nome Angela, morta due giorni dopo il parto. Questa notizia è la conclusione dell’indagine dell’autore ma, rispettando la coerenza strutturale, non la conclusione del libro.

Vi è infatti un’ultima parte, l’Epilogo, in cui vediamo il personaggio di Don Angelo Brotzu – antagonista di Candida Mara per questioni ereditarie –  in uno slancio di pura fiction – bruciare l’ultima fotografia rimasta della Cantadora, andando a giustificare con l’invenzione un dato di realtà, ossia l’assenza di immagini di Candida Mara.

Se l’operazione di ibridazione tra fact e fiction che ho fino a qui descritto sulla carta funziona ed è messa in scena con intelligenza e talento letterario, l’esperimento di Lai risulta a mio avviso non del tutto riuscito. La prima e la terza parte, infatti, risultano interessanti, ispirate ed avvincenti e rispondono con efficacia a prospettive diverse, sia di natura poetica ed estetica che epistemologica, etica e politica, illuminando il contesto marginale e minoritario di una comunità che condanna ad una autentica damnatio memoriae una donna capace di zittire masse di uomini con la sua voce e colpevole di aver vissuto in maniera differente rispetto alla norma vigente.

La seconda parte ha certamente il merito di utilizzare la fiction per tentare di completare il quadro, mostrandoci prima le movenze e poi le conseguenze del pregiudizio e dello stigma sociale, ma ha il difetto di risultare più che altro una ripetizione in “salsa” finzionale di quello che è stato raccontato nella prima parte. Se il romanzo riesce, infatti, a mettere in scena un contesto ed una mentalità attraverso la dialogicità dei personaggi – resa costantemente attraverso il discorso diretto privo di virgolette – credo non riesca pienamente né a illuminare i punti oscuri lasciati dallo scorrere del tempo né a riscrivere la biografia di Candida Mara in maniera veramente interessante.

In conclusione, l’esordio di Lai lascia la sensazione di un grande talento narrativo al passo con le tendenze del contemporaneo ma, in un certo senso, costretto nelle maglie di un romanzesco non pienamente necessario e, in fin dei conti, ridondante.


[1] Laurent Demanze, Un nouvel âge de l’enquête. Portraits de l’écrivain contemporain en enquêteur, Paris, Corti, 2019, «Les essais», 292 pp.

[2] Marco Mongelli, «La biofiction italiana iper-contemporanea», Narrativa [Online], 41 | 2019, online dal 01 novembre 2021, consultato il 20 mars 2024. URL: http://journals.openedition.org/narrativa/360

[3] Ibidem.

Aratea Cultura

https://www.fondazionemondadori.it/formazione/premio-pop-premio-oper-prima/

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