Cinema

Nella vita è difficile “Strappare lungo i bordi”

E allora noi andavamo lenti perché pensavamo che la vita funzionasse così, che bastava strappare lungo i bordi, piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere. Perché c’avevamo diciassette anni e tutto il tempo del mondo

“Strappare lungo i bordi”, Zerocalcare, 2021

Fin da bambini ci è stato insegnato a vivere la nostra vita secondo schemi prestabiliti e pre-impostati dalle società antecedenti alla nostra. Prima studiamo, poi prendiamo il diploma e scegliamo il giusto percorso universitario: entriamo nel mondo del lavoro e nel frattempo ci sposiamo e “mettiamo su famiglia”. È uno schema semplice, prestabilito, a cui tutti cerchiamo di aderire. Ci convinciamo che ciò che è stato scritto per noi dalle generazioni passate sia il “nostro destino” e ci sentiamo obbligati con noi stessi a portarlo da potenza, ad atto. 

Questo schema è però profondamente imperfetto, forse perché viviamo in una società che non ci permette di seguirlo e di rispettarlo senza intoppi, o forse perché siamo semplicemente e umanamente imperfetti, pieni di contraddizioni e di sfaccettature complesse, e la vita non va mai come la programmiamo. 

Dunque, come esseri umani, siamo convinti che basti “strappare lungo i bordi” della nostra vita, seguire una linea tratteggiata già precedentemente segnata e tutto andrà come deve andare. Il problema è che questo pezzo di carta da ritagliare, metafora della nostra vita, può prendere direzioni che non erano quelle prefigurate dal peso dell’aspettativa: nasce così la frustrazione, il senso di inadeguatezza e di solitudine. Come se non bastasse, guardandoci intorno, ci sembra che i fogli degli altri siano ritagliati correttamente, e ci sentiamo sempre più statici in un mondo dinamico, sempre più soli nell’era della condivisione. 

Questa piccola riflessione crea le basi su cui nasce e si sviluppa “Strappare lungo i bordi”, la serie animata di Zerocalcare, targata Neftlix e uscita sulla piattaforma streaming il 17 novembre 2021.

RIFLETTENDO SULLO STILE E SUL CONTENUTO

Attraverso un racconto quasi totalmente autobiografico, narrato in prima persona, l’autore costruisce un filone narrativo lineare da cui si dipanano, in ogni episodio, molteplici digressioni di stampo comico/umoristico, che contribuiscono a costruire la straordinaria profondità dei quattro personaggi attorno a cui si sviluppano le azioni: Zero (protagonista e voce narrante), Sarah, Secco e Alice. 

La storia è quella di un viaggio da Roma verso la città di Biella, sulla base del quale, nelle prime quattro puntate lo spettatore si immerge in moltissime digressioni relative all’infanzia e all’adolescenza del protagonista. La comicità è sapientemente adoperata dal fumettista romano, che utilizza l’ironia nella quasi totalità delle prime puntate, rendendo così più forte e più evidente lo slancio drammatico degli ultimi episodi. È proprio al termine della storia che, con naturalezza, il tono cambia, tingendosi di malinconia. Zero racconta la perdita di un’amica, verità che, per quanto complessa e pregna di sofferenza, è una costante nella vita di ogni essere umano, poiché a tutti è capitato di lasciare andare qualcuno che si ha amato. 

Nel corso della visione, come spettatori, ci troviamo indubbiamente trasportati in un turbinio di emozioni, dettate dal profondo e inarrestabile senso di immedesimazione con i personaggi della storia. Come praticando un “metodo Stanislavskij” collettivo, il pubblico trova continuamente affinità con i protagonisti. Si innesta, quindi, un meccanismo spontaneo di coincidenza, un “circolo vizioso” in cui le distanze si annullano, acuendo drasticamente il senso empatico e rendendo il piccolo capolavoro di Zerocalcare, qualcosa di intimamente nostro. 

Nei primi quattro episodi, il senso immedesimativo tende, in linea di massima, a uno stadio superficiale della nostra esistenza: l’esperienza universalmente tragicomica di recarsi in un bagno pubblico, le parole irritate e sentenziose di una madre che vede la camera del figlio sempre in disordine, la paura di deludere un insegnante quando si prende un brutto voto a scuola, o prima fra tutte “la teoria del ritardo”. Tutte esperienze che, tutto sommato, sono universalmente condivisibili, anche se in misura differente.

Esse, come possiamo vedere nella scena riportata in seguito, sono accompagnate da una sottile ma pungente comicità che nello spettatore provoca inevitabilmente divertimento e risate, complice l’aderenza a una serie di “micro psicosi” comuni alla maggior parte della società odierna.

Arrivando agli ultimi due episodi, invece, il tono cambia in maniera graduale, si intensifica, pur mantenendosi sempre costellato da una base comune, che trasla progressivamente dalla pura comicità alla sottile e delicata ironia. Una volta stabilitosi il senso empatico con lo spettatore su un livello superficiale, ci si allontana sempre di più dal concetto di immedesimazione leggero e “di svago”, approcciando concetti e valori talmente universali da essere “al di fuori del tempo”, e quindi comprensibili e condivisibili da ogni generazione che fruisce della serie. 

Si parla di non sentirsi all’altezza delle aspettative, delle paure nei confronti del futuro, si riflette sulla tendenza umana a stare fermi, tendendo a un equilibrio che può solo sfociare nel rimpianto di non aver imboccato una strada. “Strappare lungo i bordi” si rivela essere, in ultima battuta, una riflessione sulla vita che si rapporta alla morte, sulle cicatrici che essa lascia su ognuno di noi e sulla forza che emerge in ogni uomo quando sopravvive ai rimpianti per ciò che avrebbe potuto fare, ma che invece non ha fatto.

“SIAMO FILI D’ERBA”

Ma non ti rendi conto di quant’è bello? Che non ti porti il peso del mondo sulle spalle, che sei soltanto un filo d’erba in un prato? Non ti senti più leggero?

“Strappare lungo i bordi”, Zerocalcare, 2021

Ho pensato che c’era qualcosa di incredibilmente rasserenante nell’essere un filo d’erba. Che non faceva la differenza per nessuno. E non c’aveva la responsabilità per tutti i mali del mondo.

“Strappare lungo i bordi”, Zerocalcare, 2021

Nel primo episodio della serie si manifesta un topos di fondamentale importanza, non solo per la narrazione ma anche per la definizione del personaggio di Zero. Lo svolgimento della trama compie qui un’infrazione verso un passato in cui il protagonista, alle elementari, viene messo in punizione dalla maestra insieme a Sarah e Secco. Questa condizione viene ironicamente definita dal protagonista come straziante, pervasa dal senso di angoscia per la profonda delusione provocata alla maestra. 

Su questo stralcio di vita quotidiana, si innesta un’interessante metafora: quella dei fili d’erba, portata alla luce dalla voce di Sarah. Il comportamento del protagonista incarna, come detto precedentemente, quello di un normale essere umano, che vive il mondo dalla sua unica prospettiva, sentendosi protagonista di un’avvincente narrazione. In sostanza, viene rappresentata una concezione egocentrica della vita, che in qualche modo ci contraddistingue come esseri umani, amplificando drasticamente ogni vicenda che si intreccia con la nostra. Come uomini sentiamo il peso del mondo sulle nostre spalle, empatizziamo con altri individui collocandoci come parte attiva della loro felicità e del loro dolore. 

La verità dei fatti è però qualcosa di totalmente diverso: ogni essere umano è come un filo d’erba, unico e uguale a miliardi di altri che ne compongono un prato. L’universo non si aspetta nulla da noi, e dunque ogni vittoria e ogni sconfitta è intimamente e solamente nostra. Quella che viene enunciata da Zerocalcare nel primo episodio è una metafora sincera, capace di spingerci verso una riflessione su come e quanto viviamo concretamente la nostra vita: siamo piccolissimi rispetto a ciò che ci circonda e non abbiamo il potere assoluto di veicolare la vita degli altri. Pur essendo le nostre azioni fondamentali e non superflue, esse lo sono per noi e addossarci il peso di ogni sofferenza e di ogni emozione provata dagli individui che ci circondano è profondamente sbagliato.

Se proviamo a vedere la vita in questo modo, tutto appare fondamentalmente più semplice poiché ci rende più liberi di poter sbagliare: i nostri errori hanno sì delle conseguenze che possono gravare su chi ci sta attorno, ma non siamo protagonisti di storie al di fuori della nostra, ma solo personaggi secondari, l’unico peso che dobbiamo portare sulle spalle è quello di ciò che ci appartiene in prima persona.  

“E CERTE VOLTE QUEL FUOCO TE BASTA, E ALTRE VOLTE NO”

Invece sotto l’occhi c’abbiamo solo ‘ste cartacce senza senso, che so’ proprio distanti dalla forma che avevamo pensato. Io non lo so se questa è ancora ‘na battaglia oppure se ormai è annata così, che avemo scoperto che se campa pure co ste forme frastagliate, accettando che non ce faranno mai giocà nella squadra di quelli ordinati e pacificati. Però se potemo comunque strigne intorno al fuoco e ricordasse che tutti i pezzi de carta so boni per scaldasse. E certe volte quel fuoco te basta, e altre volte no

“Strappare lungo i bordi”, Zerocalcare, 2021

Arrivati all’ultima puntata si affronta un tema che, seppur sotto inteso in altri episodi, emerge, come un pugno nello stomaco, solo nell’episodio finale.  Alice, amica di Sarah e interesse amoroso, mai concretizzato, di Zero si toglie la vita. Il viaggio a Biella è quello verso il suo funerale, verso un ultimo saluto a una persona significativa per la vita del protagonista, un’amica,  una confidente ma anche un amore. 

L’autore ci trasporta così al livello più intimo ma allo stesso tempo universale dell’immedesimazione: l’atto della perdita di qualcuno che abbiamo tanto amato. Alice si è tolta la vita, lasciando spazio alla tristezza e all’amara constatazione che ogni vita, nel momento in cui finisce, lascia con sé una sfera di non detti, una molteplicità di problemi che non hanno alcuna soluzione: condizione che inevitabilmente arriverà a scontrarsi con quell’istintuale tendenza umana verso la conoscenza intima delle cose, la “ricerca spasmodica di un senso”. 

Le persone so complesse: hanno lati che non conosci, hanno comportamenti mossi da ragioni intime e insondabili dall’esterno. Noi vediamo solo un pezzetto piccolissimo di quello che c’hanno dentro e fuori. E da soli non spostiamo quasi niente. Siamo fili d’erba, ti ricordi?

“Strappare lungo i bordi”, Zerocalcare, 2021

Zerocalcare, scrivendo la sceneggiatura, affronta la tematica del suicidio con rispetto, senza fornire allo spettatore dettagli inutili o motivazioni non plausibili. Allo spettatore viene detto che Alice non c’è più: se la maggior parte degli esseri umani sono abbastanza forti da accettare di essere fili d’erba, da sopportare l’idea che lungo i bordi della vita è veramente difficile tagliare senza che si creino strappi, per alcune persone non va così, e quel fuoco, nutrito dalla comune condizione di più essere umani uniti insieme nella gioia e nel dolore, non riesce a scaldare alcune anime.  

L’ultima puntata ci colpisce perché tutti abbiamo la nostra Alice, colei (o colui) che abbiamo imparato ad amare, con cui ci siamo confidati. Una persona capace di muovere le corde della nostra anima, con cui abbiamo condiviso le gioie e i dolori. Un’identità che forse, a tratti, abbiamo idealizzato, da cui ci sentivamo compresi e protetti; per motivi che non riusciamo a comprendere, non fa però più parte della nostra vita. Perdere qualcuno che abbiamo amato lascia inevitabilmente delle cicatrici che, come la stessa Alice racconterà ai suoi bambini, non si cancelleranno mai, ma si rimarginano. Le cicatrici sono dei promemoria a lungo termine, capaci di ricordarci chi siamo, cosa abbiamo costruito: sono la chiave per tenere saldo il contatto con il passato, nel cammino che ci proietta verso il futuro.

COME LA SERIE SI RAPPORTA CON IL SINGOLO E LA SOCIETÀ.

In ultima battuta, è giusto riflettere sul senso e sull’importanza di questa mini serie. “Strappare lungo i bordi” è uno dei prodotti Netflix meglio riusciti degli ultimi anni, non solo per i messaggi che veicola ma perché ha contribuito a nutrire quel fuoco, quella vicinanza, che permette di scaldarsi durante tutto il cammino della vita. 

Il processo di immedesimazione collettivo, dimostrato anche dall’enorme successo che la serie ha avuto e dalle recensioni positive che ne hanno veicolato la popolarità, ha permesso a molti di comprendere quanto la paura di non essere all’altezza delle aspettative, la sofferenza di perdere qualcuno che si ha amato, la frustrazione nel vedere alcuni piani infrangersi sia una condizione comune a molti. Se tutti ci rispecchiamo nel personaggio di Zero, allora viviamo, anche se con sfumature diverse, le stesse emozioni e le stesse inquietudini nella quotidianità. 

Possiamo quindi azzardare che, anche se solo in piccola parte, Zerocalcare, con questa mini serie animata, ha aiutato delle persone a sentirsi meno sole, meno diverse e più comprese: perché infondo, siamo tanti fili d’erba, pieni di affanni e bisognosi di calore.  


https://it.wikipedia.org/wiki/Strappare_lungo_i_bordi

https://www.arateacultura.com

Francesca Manzoni

Redattrice di Cinema e Letteratura