Psicologia,  Storia e Società

Tra aspettative e realtà – il fenomeno della profezia che si autorealizza

Di Linda Barberis

Secondo Piaget (1952) l’uomo mostra già da bambino una forma organizzata di pensiero nel suo rapporto con la realtà. La formazione di schemi mentali porterà le esperienze simili a raggrupparsi in categorie, ognuna contraddistinta dall’apporto soggettivo di elementi provenienti della sfera emozionale e sensoriale.

«Gli schemi forniscono a ogni persona filtri cognitivi unici che colorano la percezione degli eventi, determinando i modi in cui questi vengono ‘visti’ e ricordati» (Cantor & Zirkel, 1990)

Nel momento in cui si presenta ripetutamente una certa tipologia di vissuti, la valutazione degli esiti provocati da questi permetterà di collocare queste esperienze in un sistema di conoscenze. Il consolidamento nel tempo delle informazioni apprese darà origine a delle credenze e, a partire da queste, formuleremo delle aspettative che consentiranno di prevedere quelli che secondo il nostro apprendimento passato saranno gli effetti di un determinato evento.

La profezia che si autorealizza

Se ci fermassimo, però, all’ipotesi per cui sia la realtà a creare il nostro modo di pensare, perderemmo di vista quanto, a sua volta siano i nostri schemi mentali appresi – comprendenti credenze e aspettative – a determinare la percezione della realtà sulla base della nostra esperienza con essa.

“La realtà esiste nella mente umana e non altrove”

George Orwell

Come potrebbe un insieme di credenze e aspettative

determinare l’esito dell’evento stesso a cui sono legate?

A spiegare il potere delle aspettative nel creare la realtà è il fenomeno della Profezia che si Autorealizza: un nome tanto suggestivo quanto metaforicamente realistico.

Indica:

«Una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l’avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità»

Merton, 1948

Tuttavia, questo succede indipendentemente dal fatto che questa abbia o meno un certo grado di fondatezza. Si tratta di uno dei fenomeni più studiati in psicologia sociale e paradossalmente si rivela tanto diffuso e presente nella vita di tutti i giorni quanto sconosciuto a molti. A nostra insaputa, le aspettative possono avere un impatto determinante negli ambiti più disparati.

I sinonimi “Effetto Placebo”, “Effetto Nocebo”, “Effetto Pigmalione” o “Effetto Lucifero” sono testimonianza dell’estrema ubiquità del fenomeno, in quanto lo descrivono a partire da diversi ambiti contestuali: dalle scienze sociali all’economia, dalla medicina alla psicologia (Lo Presti, 2019).

Un esempio tipico di profezia che si autoavvera si trova nel processo decisionale in ambito economico. Lo studio di Petalas et al. (2017) dimostra come previsioni speculative del futuro cambiamento economico possano influenzare le decisioni degli individui in tale ambito, ancora prima di qualsiasi cambiamento effettivo. La notizia del possibile fallimento di una banca può portare, ad esempio, al concreto fallimento a causa del ritiro dei dipendenti allarmati

Nel campo della medicina si pensi all’effetto placebo: una sostanza, nonostante sia priva di principio attivo, produce effetti benefici in chi l’assume. L’efficacia data dalla “pillola di zucchero” risiede nella sola convinzione della persona di star assumendo un vero farmaco e nella sua aspettativa che questo porti effettivi benefici.

All’interno delle relazioni sentimentali, ad esempio, il sospetto della presenza di una terza persona potrebbe creare comportamenti ostili e non spontanei e quindi causare un deterioramento del legame affettivo che potrebbe implicare reali infedeltà.

In ognuno di questi casi, quel che vorremmo evitare porta, invece, ad agire in maniera da far avverare gli stessi timori.

I bambini prodigio di Rosenthal

Rosenthal et al. (1983) osservarono il fenomeno grazie a una prima applicazione sperimentale, esaminando queste dinamiche con l’obiettivo di valutare l’impatto delle aspettative degli insegnanti sul rendimento scolastico degli allievi.

L’esperimento ebbe luogo presso una scuola della periferia di una grande città americana, la Oak School. Il quartiere era abitato da famiglie appartenenti a diverse etnie il cui rendimento scolastico si rivelò sensibilmente inferiore rispetto a quello dei figli di cittadini americani. Di pari passo, le aspettative degli insegnanti rispecchiavano questa tendenza. I ricercatori sottoposero tutti gli alunni a un test di intelligenza, comunicando agli insegnanti che il questionario avrebbe indicato quali soggetti avrebbero migliorato il proprio rendimento scolastico nei quadrimestri successivi.

I risultati condivisi con gli insegnanti mostrarono come il 20% degli alunni sarebbe andato incontro a un significativo miglioramento. In verità, i nomi di questi studenti furono scelti a caso all’oscuro delle docenti, il che rappresentò un elemento indispensabile per creare un’aspettativa di miglioramento che fosse infondata. Come previsto dall’esperimento, alla fine dell’anno scolastico i ricercatori si confrontarono con le insegnanti ed emerse che gli studenti identificati come più promettenti (tra cui diversi extracomunitari) avevano effettivamente ottenuto risultati scolastici sostanzialmente migliori rispetto agli altri.

Proprio come ipotizzato dai ricercatori, si sono verificati i risultati attesi: le convinzioni delle insegnati hanno determinato un reale incremento nelle abilità dei bambini selezionati.

Facile e difficile

Risultati del tutto analoghi emergono dall’esperimento di Lieberman (2006), tanto semplice quanto indicativo della Profezia che si Autorealizza.

I soggetti coinvolti, dotati dello stesso livello d’istruzione, furono divisi in due gruppi ai quali venne consegnato lo stesso cruciverba. Nel primo gruppo, le istruzioni indicavano che si trattava di un compito “per esperti”, mentre nel secondo c’era scritto “per bambini”. Una diversa valutazione di partenza rispetto alla difficoltà del compito da svolgere influenzò l’esito dei partecipanti. Coloro che avevano il cruciverba “per bambini” lo completarono rapidamente, senza remore, mentre il gruppo con il cruciverba “per esperti” lo affrontarono con il timore di chi si approccia a un esercizio che sa essere complesso, consegnandolo in tempi decisamente più lunghi.

Remissività in adolescenza

Possiamo trovare un altro esempio della Profezia che si Autorealizza nello studio di Loeb et al. (2016), il quale sottolinea come gli adolescenti che si aspettano risposte negative dai coetanei possono essere particolarmente a rischio di difficoltà relazionali. Davanti alla percezione di questa minaccia, i ragazzi tendevano a mettere in atto comportamenti accomodanti e di sottomissione. La vulnerabilità di questo atteggiamento avrebbe, contrariamente dall’obiettivo di partenza, consentito ai coetanei di dominarli, il che avrebbe confermato e rafforzato le aspettative negative di rifiuto (Furman & Winkles, 2010). Secondo Cacioppo & Cacioppo (2014) rischio rappresentato da tale comportamento consisterebbe nella difficoltà di coltivare relazioni soddisfacenti ed equilibrate a lungo termine.

Dalle aspettative alla realtà: una dinamica a spirale

Come può un prodotto puramente mentale appartenente alla sfera del pensiero trasformarsi in un effetto tangibile e concreto nella realtà? Come possono elementi dalla valenza apparentemente contrastante richiamarsi e concatenarsi tra loro sulla base di un’organizzazione coerente fino a dare origine a questa profezia?

Per comprendere questa dinamica, dobbiamo tenere a mente come il legame tra percezioni, emozioni, aspetti decisionali e comportamentali porti alla creazione di determinati pattern di funzionamento dell’individuo e, allo stesso tempo, come i comportamenti messi in atto possano elicitare risposte coerenti nell’ambiente e negli altri.

Possiamo ricondurre i meccanismi tipici della profezia che si autorealizza a delle fasi che contraddistinguono la sua natura ricorsiva e autoconvalidante:

  1. Il significato che attribuiamo a un evento viene elaborato sulla base delle credenze e, quindi, delle aspettative sulla base dei nostri schemi cognitivi appresi.
  2. A partire da queste credenze e aspettative, si andrà a formare una percezione della valenza dell’evento alla quale seguirà una risposta emotiva. È importante tenere in considerazione come l’emozione venga elicitata e si sviluppi in modo coerente con la percezione. Ciò vale e a dire che se la percezione deriva da un’elaborazione che non rispecchia l’entità oggettiva dell’evento, di conseguenza, seguirà una risposta emotiva poco appropriata alla realtà dell’evento.
  3. Le emozioni attivate influenzeranno le decisioni dell’individuo che si manifestano spesso sotto forma di comportamenti (verbali e non verbali).
  4. In un contesto sociale, alle azioni di un individuo seguiranno delle reazioni emotive e comportamentali negli altri che tendono a essere coerenti con le azioni dell’individuo con cui interagiamo (ad esempio, portandoci nella maggior parte dei casi ad arrabbiarci davanti a un’aggressione o a legarci a chi ci dà affetto).
  5. In questo modo, le risposte derivanti dall’ambiente o dai rapporti interpersonali tendono a confermare e rinforzare le credenze di partenza facendo apparire le nostre aspettative come previsioni esatte.

Si tratta, quindi, di un processo a spirale che porta alla cristallizzazione della veridicità delle proprie aspettative in cui il prossimo e l’ambiente con cui interagiamo arrivano ad aderire al nostro modello. Il rischio di queste dinamiche è che le aspettative negative possano alterare il comportamento, in modo che i risultati negativi che predicono si realizzino veramente (Bowlby, 1969).

In questo modo, l’aspettativa predice un esito reale ponendo i presupposti perché questo si realizzi, creando una predisposizione. Ma se chi si crederà inadeguato metterà in atto comportamenti che lo porteranno al fallimento, chi sostiene un concetto di sé come una persona di successo apre il cancello per la strada della propria realizzazione.


Per saperne di più – https://www.arateacultura.com


Bibliografia:

Bowlby, J. (1969). 1982,‘Attachment and Loss’, Attachment. Basic Books, New York.

Cacioppo, J. T., & Cacioppo, S. (2014). Social Relationships and Health: The Toxic Effects of Perceived Social Isolation. Social and personality psychology compass, 8(2), 58–72. https://doi.org/10.1111/spc3.12087

Cantor, N., & Zirkel, S. (1990). Personality, cognition, and purposive behavior. In Handbook of personality: Theory and research (pagg. 135–164). The Guilford Press.

Davide lo presti. (2019). La profezia che si autorealizza; il potere delle aspettative di creare la realtà. Dario flaccovio editore.

Furman, W., & Winkles, J. K. (2010). Predicting romantic involvement, relationship cognitions, and relationship qualities from physical appearance, perceived norms, and relational styles regarding friends and parents. Journal of Adolescence, 33(6), 827–836. https://doi.org/10.1016/j.adolescence.2010.07.004

Lieberman, D. J. (2006). I rapporti con gli altri. Editori associati.

Merton, R. K. (1948). The Self-Fulfilling Prophecy. The Antioch Review, 8(2), 193–210. https://doi.org/10.2307/4609267

Petalas, D. P., Schie, H. van, & Vettehen, P. H. (2017). Forecasted economic change and the self-fulfilling prophecy in economic decision-making. PLOS ONE, 12(3), e0174353. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0174353

Piaget, J. (1952). The origins of intelligence in children. (M. Cook, Trad.). W W Norton & Co. https://doi.org/10.1037/11494-000

Rosenthal, R., Jacobson, L., & Campioli, P. (1983). Pigmalione in classe: Aspettative degli insegnanti e sviluppo intellettuale degli allievi. F. Angeli. autorealizza

https://www.treccani.it/vocabolario/aspettativa/

https://www.giuliazanipsicologa.com/2020/07/14/profezia-autoavvera/

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Linda Barberis

Redattrice in psicologia