Poesie Inedite,  Testi

Maria Bochicchio – Poesie

Maria Bochicchio

Con una nota introduttiva di Simone Scuotto

A Maria Bochicchio va un ringraziamento speciale: con i sui componimenti inediti riprendono i nostri appuntamenti con il vasto mondo della poesia contemporanea. Per l’occasione, vi ricordiamo qual è il proposito che muove la redazione di Aratea nel dare spazio ai poeti emergenti: la nostra non è soltanto un’attività di promozione, ma più in generale si tratta di motivarli, di stringerli nella consapevolezza che non siamo in pochi a credere nel valore dell’arte e della cultura. Dopotutto, come impresso nel manifesto di Aratea: “La cultura è bellezza. E la bellezza è per tutti.[Collabora con noi]

Alla scordata” si apre con un’invocazione ad un “noi” collocato in “un tempo” ormai lontano e trascorso, che sembra recuperabile solo attraverso un’azione condivisa che includa la complicità di un compagno. L’età descritta dalla poetessa è libera dal “timore delle passioni”, è ripopolata dai “miracoli” ben visibili nei “francobolli” o “ai bordi delle case” e perciò accessibili a tutti. “Alla scordata” è un modo di vivere il momento senza preoccupazioni, urgenze e paure. Infatti, in posizione conclusiva si affaccia spaventosa la morte che già si è consumata, già ha ridotto l’intero discorso in ricordo, in un passato irrecuperabile. Il successivo componimento “Disarmo” ci parla di un corpo colto “alle chiare ore del mattino”, ed immerso in un’atmosfera vaga e provvisoria tipica del risveglio. Inoltre, lo spiccato ritmo di allitterazioni e soprattutto consonanze restituisce una sensazione di stridore ed attrito tra elementi rocciosi. In posizione anaforica è il “vuoto astratto” della “pietra” nella prima strofa e della “carne” nella seconda. Il termine “corpo” si svela solo nei versi finali ed è definito come “tozzo solco”, “facce scarne” e “rastremato disarmo”. Il titolo scelto per l’ultimo componimento è quanto mai simbolico: “Lo spino di Giuda” è il nome comune di una pianta, ma il termine deriva direttamente dal racconto evangelico che chiama così la corona di spine portata da Gesù durante la Via Crucis. Infatti, nel testo è possibile rilevare vari rimandi al cammino come, ad esempio “portamento” ripetuto due volte, ma anche alla sfera religiosa e allo stesso personaggio biblico di Giuda. Il tragitto però è stavolta percorso da una foglia verso “la sua spina” ed è insidiato da una rima che “non si avvera”, come a replicare l’atto del poeta che s’incammina per completare la propria opera. Purtroppo, la foglia non arriverà mai a destinazione ma “s’infoglierà” nella “litura dell’accontento”, ovvero la cancellatura dell’accontentarsi, di per sé azione ostile all’ottenimento di un buon risultato. Sul finire del componimento l’accontentarsi è esteso ad “ogni uomo” che così conclude il proprio viaggio in maniera “dimoiata” verso “l’acquasantiera”, ovvero la fonte dove poter purificarsi.

In conclusione, la poesia di Maria Bochicchio è tutt’altro che “alla scordata”, ma piuttosto si presenta bilanciata ed attenta. Il grande lavoro della poetessa si vede nella ricercata scelta dei termini non comuni e strettamente letterari, frutto di intenso studio e di numerose letture. Così Bochicchio immagina il cammino verso “la salvezza delle rose”: un “portamento” spinoso e non semplice che passa per un tempo perduto, un “vuoto astratto” e che si conclude una volta raggiunta la propria “acquasantiera”.

Alla scordata

Facciamo
come si faceva
un tempo,
alla scordata
di notte
quando il vino
si mesceva
allo sputo delle cose,
quando il ritmo
di una tasca
s’affrancava
dal timore
dalle passioni,
facciamo che mi baci
sul petto
e che tornano le mode
e che i miracoli
pure tornano,
incollati ai francobolli
ai bordi delle case,
e facciamo come si faceva
un tempo
che prima di morire
mi consegnavi
spiritosa
alle vinacce fermentate
e alla salvezza
delle rose.

*

Disarmo

Nel vuoto astratto
della pietra che si denuda
si rovescia il rudente
apostolato della carne,
la forma sincera del marmo
alle chiare ore del mattino,
un abbrivo di elevata durezza
e furibonda infinita dolcezza.

Nel vuoto astratto
della carne che si frantuma
c’è una vaga sensazione di te
di immobilità scavata
nella provvisoria pesantezza
di un corpo, la spinta di un fianco
nel tozzo solco di un ginocchio
facce scarne e rastremato disarmo.

*

Lo spino di Giuda

S’alluviano scomposte
di rutilate gocce
come forse liberate
le spade di Giuda
fino a tardi la sera
quando non s’avvera
nel solco di una rima
il chiaro portamento
di una foglia alla sua spina,
ma s’infoglia
nell’incavo delle cortecce
la litura dell’accontento
di ogni uomo
il dimoiato portamento
alla propria acquasantiera.


Maria Bochicchio

Maria Bochicchio nata nel 1987 a Potenza, si è laureata in Lettere Moderne e attualmente vive in Belgio con il marito e i figli. Grande appassionata di letteratura, negli ultimi anni ha partecipato a vari concorsi letterari ottenendo anche riconoscimenti speciali. Ha pubblicato per il Gruppo Albatros il romanzo Cazzamala (2020), i racconti Aralya (Gemma Edizioni – 2020), La linea del tempo (Poderosa Edizioni – 2021) e L’onda nel bicchiere (Historica Edizioni – 2022). Accùra, complementi d’arredo (A&A Marzia Carocci Edizioni – 2022) è la sua prima raccolta di poesie. Suoi componimenti sono apparsi su Ufficio Poesie Smarrite di Sette del Corriere della Sera, Margutte e Pioggia obliqua.

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Simone Scuotto

Redattore di Poesie e Opere Inedite