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Prima di Nascere – Claudio Damiani – Vincitore Premio Viareggio-Rèpaci Poesia 2022

di Rita Bompadre
centro di lettura Arturo Piatti

“Prima di nascere” di Claudio Damiani (Fazi Editore, 2022) è un itinerario di osservazione e approfondimento, un’esplorazione spirituale lungo l’evoluzione conoscitiva dell’animo umano. La poesia di Claudio Damiani è una simbolica estensione della presenza mistica e sensibile della natura, un’esortazione profonda e ancestrale verso la premurosa e benevola manifestazione dei sentimenti, un insegnamento sacro nei confronti del legame metafisico con il tutto. Il poeta ricorda la tenace autenticità dell’origine, conosce e tramanda il sostegno dell’identità, condivide l’eredità degli strumenti percettivi che orientano la direzione sensibile dell’ispirazione e consentono una corrispondenza nella consistenza esclusiva dell’esperienza esistenziale.

Claudio Damiani dialoga oltre la ricercatezza dei versi, confronta il luogo interiore con lo spazio fecondo e persistente dell’anima, partecipa all’intenzione emotiva della libertà riflessiva dell’essere, suggerisce una comprensione poetica dell’immaginazione, interpreta l’incarnazione filosofica dei misteri della vita, rafforza il valore etico degli impulsi intensi del cuore e oltrepassa la fragilità delle sensazioni. “Prima di nascere” distende la saggezza della memoria, genera il desiderio sconfinato dell’uomo d’indagare la successione degli ostacoli nell’orientamento vitale della nascita e nell’episodio salvifico della morte, alimenta la capacità di cogliere la testimonianza della verità inestinguibile e inalterabile, la materia silenziosa e meditativa del mondo interiore.

La parola poetica di Claudio Damiani insegue la necessità di capire e giustificare l’insieme ontologico della realtà, di distinguere l’ordine ultraterreno del pensiero, di accogliere la dimora dell’invisibile. Lo svelamento doloroso e inquieto dei versi stimola una lettura luminosa in cui ogni preghiera laica invoca la sincerità delle risposte, oltre l’inafferrabile ed enigmatica bellezza delle domande, sfida il dissidio espressivo tra vita e morte, trasparenza e oscurità. Il terreno elegiaco dell’assenza solca la traccia romantica dell’attesa e fa da sfondo al richiamo del senso speculativo della conoscenza. L’armonia universale prolunga la religiosità di ogni tramite di consapevolezza tra l’essenza di ciò che è al di sopra di ogni altra cosa e la devozione dell’umanità, oltre gli elementi contingenti della maturità significativa.

Nel tentativo di scoprire e indicare la parabola interpretativa tra ragione e intelletto, Claudio Damiani svela l’intuizione della trascendenza, supera la soglia del vuoto e le deviazioni materiali delle dottrine materialistiche, riconduce l’incessante ricerca dell’ideale, parte dal fondamento analitico della suggestione lirica, attraversa la fugacità del quotidiano, giunge alla destinazione della speranza. Le ipotesi empiriche del nulla concentrano, nel divenire, il concetto inafferrabile del tempo, acquistano il contenuto di un eterno presente oltre l’imprevedibilità della dimenticanza.

Il poeta percorre il tragitto della cosmologia, prosegue il viaggio verso una speculazione teosofica sull’origine e la finalità del mondo, indugia sul passaggio essenziale che congiunge la permanenza delle età, dall’infanzia alla vita e dopo la vita. La sospensione dell’equilibrio conferma la vicissitudine dell’uomo, destreggia l’estraneità con il conforto dei luoghi abituali, nell’incanto dei paesaggi, nella fenditura catartica della parola poetica.


La polvere guardo nell’aria
e questa polvere sopra il tavolo
non la tolgo, la lascio,
voglio stare accanto a lei
e dei fili che sono per terra
non li levo, e le orme
delle scarpe, le lascio
e questa mosca anche lascio, morta,
e questa cosa che era caduta per terra
e non so più dov’è
non so più che era.
E mi deposito anch’io
mi lascio andare sul letto,
lascio che l’aria mi circondi
come un ciottolo che la corrente trascina,
e che niente mi salvi.

*

Quando ero piccolo avevo le vertigini
a pensare dove ero stato prima
di nascere, mi vedevo come sospeso
nel non essere, un infinito abisso,
ora invece so che ho vissuto
tutto il tempo per tutto il tempo che è stato
e non c’è nessuna cosa che non ho veduto.

*

Il mistero è così fitto
e noi così fragili
che non ci sono speranze
o meglio, possono esserci solo speranze,
la speranza è la nostra scienza.

*

È un momento così drammatico
della storia del nostro spirito
che i figli guardano i padri
con uno sguardo strano
è come se li rimproverassero
di averli fatti nascere.

*

Uscendo fuori nell’aria chiara
tra le piante che stavano in piedi,
ferme, ebbi la sensazione
che tutto era chiaro
anche se noi non lo sapevamo.

*

Dobbiamo pensare di non aver acquistato niente
e di non perdere niente.

*

La mia sensazione è quella
di non aver fatto niente
di dovere imparare ancora tutto
e insomma di non aver vissuto
e non sapere niente
mi sento come una tabula rasa
e la vita sta finendo.


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