Storia e Società

“Dio, patria e famiglia”: storia e strumentalizzazione di un modello

Di Miriam Ballerini

Ad agosto 2021, lo scrittore e saggista Roberto Saviano ha rilasciato una dichiarazione che, in modo quasi provocatorio, poneva al centro il tema della famiglia. “Quando mi chiedono quando finiranno le mafie rispondo quando finiranno le famiglie. Quando l’umanità troverà nuove forme d’organizzazione sociale, nuovi patti d’affetto, nuove dinamiche in cui crescere vite. Le reazioni a queste parole non si sono fatte attendere; l’ala conservatrice ed estremista della società ha infatti obbiettato rivendicando il “valore” della famiglia come nucleo fondante della società e, d’altra parte, così non poteva non essere. L’Italia, culla del motto fascista “Dio, patria e famiglia”, ha da sempre riconosciuto un’importanza preponderante al nucleo famigliare, basato sui rapporti coniugali e di filiazione anche, e soprattutto, in virtù della morale cattolica. Così le parole di Saviano sono state abilmente estrapolate e usate per gettare discredito sullo scrittore. La questione celata è però molto più complessa di quanto possa apparire. Di fatto, diviene necessario interrogarsi sul ruolo che, all’interno della nostra società, ha assunto il nucleo famigliare senza cadere nella banalizzazione di quanti, per preservare la propria ideologia, rifiutano un’analisi reale della società che ci circonda.
A tal scopo, sarà necessario partire dall’inizio. 

Il ruolo della famiglia tra storia ed evoluzione

Il ruolo della famiglia è sempre stato centrale all’interno dell’evoluzione umana. Prima ancora che nella nostra società, infatti, la famiglia ha tracciato i primi legami sociali, in virtù della mera necessità di sopravvivenza. Se, ad esempio, si prende in considerazione il legame matrimoniale, è stato messo in evidenza da alcuni dei più importanti antropologi (Claude Lévi-Strauss e Taylor) come la tendenza a preferire unioni esterne al proprio gruppo familiare si ripeti all’interno delle diverse epoche e società. In relazione a ciò, si parla di tabù dell’incesto il quale tuttavia non troverebbe, secondo gli antropologi, spiegazione nella necessità di evitare ai nuovi nati malattie derivanti dall’unione tra consanguinei.  L’incesto, piuttosto, trova la sua primordiale giustificazione nella necessità di stabilire e rafforzare legami con gruppi esterni affinché quest’ultimi non rappresentino più una minaccia. Il matrimonio, nella sua prima forma, aveva dunque lo scopo di creare alleanze per proteggere prima il proprio gruppo e poi, nei secoli successivi, il proprio patrimonio. Ciò in realtà non dovrebbe sorprenderci; lo stesso concetto di matrimonio romantico, così come oggi lo intendiamo, nasce nel XX secolo. Prima di allora il matrimonio era, principalmente tra la nobiltà, uno scambio in termini economici e politici. Il ‘900 e la fine delle principali monarchie europee, con il relativo avvento della democrazia politica, l’utilità di tali alleanze veniva a meno. Si disegnava così un nuovo mondo, dove i cambiamenti non furono solo di stampo politico.

I secoli precedenti, infatti, con le due rivoluzioni industriali, avevano gettato le basi dell’odierno sistema capitalistico, il quale, anche e soprattutto con l’avvento della globalizzazione, si impose di fatto nel XX secolo. Il capitalismo si basava (e si basa tutt’ora) sulla presenza di capitali, ovvero di ricchezza, nelle mani di pochi che detengono però la piena gestione della produzione e del lavoro umano. Si intuisce quindi come da un dominio politico si sia passati a uno di tipo economico e di ciò ce ne si può rendere conto prestando attenzione a un cambiamento di puro stampo lessicale. Se infatti nei secoli precedenti, per indicare la strutturazione della società, si parlava di divisione in “ceti”, oggi si parla di “classi sociali”. La differenza è sostanziale; il “ceto” di appartenenza non è strettamente legato alle ricchezze possedute ma, bensì, al “ruolo” e al prestigio sociale, spesso determinato dalla famiglia di provenienza; la classe sociale di appartenenza è invece unicamente data dal capitale posseduto e dunque dalla ricchezza.  Si ridefiniva dunque in modo netto la società e ciò ha anche incluso la famiglia e il ruolo a essa affidato.

Famiglia e capitale

I cambiamenti, sociali e politici avvenuti nel corso del secolo precedente hanno portato a ridefinire gli interessi all’interno della società. Alla precedente priorità di difesa del proprio potere politico si, sostituisce ora la difesa del capitale. È dunque il capitale che struttura la società e le relazioni interpersonali. In tal prospettiva, essenziale diviene porre al centro la famiglia, riconoscendola come prima e unica forma di comunità possibile. Questo perché la famiglia nucleare, come fa notare la scrittrice Jennifer Guerra, permette di conservare e tramandare la ricchezza all’interno di ristrette élite i cui confini sono definiti proprio dai rapporti famigliari.  A tal proposito, Guerra riporta l’esempio dell’organizzazione “Tradition, Family and Property”, nata nel 1960 in Brasile, la quale da sempre si è distinta contro la lotta per i diritti civili a favore della “famiglia tradizionale”. Non è tutto; per organizzazioni di questo tipo, infatti, preservare il capitale significa anche influenzare e formare il pensiero dell’opinione pubblica affinché nessun altro modello oltre la famiglia tradizionale sia pensabile. Ciò presenta degli indubbi vantaggi per la difesa del profitto.  

In primo luogo, la strutturazione della famiglia tradizionale, così come oggi è concepita, prevede che il lavoro di cura sia per lo più responsabilità femminile (si stima che tale mansione ricada per il 74% sulle donne), assolvendo la società dal preoccuparsene e permettendo un continuo risparmio che si concretizza in continui tagli sul welfare a favore del profitto e del capitale. Così, l’assolutizzazione della famiglia nucleare porta a questo primo vantaggio a cui se ne dovrà aggiungere un secondo: la fragilità dei lavoratori. 

La solitudine degli ultimi

All’interno dell’odierna società, la sopravvivenza dell’individuo è strettamente legata alla possibilità di ricevere un salario. Solo attraverso il lavoro è possibile garantirsi i mezzi necessari per assicurarsi la sussistenza. Ciò, tuttavia, comporta che nel momento in cui il lavoro dovesse venire a mancare, sarebbe la stessa possibilità di poter garantirsi i mezzi per soddisfare i propri bisogni a scomparire. Sono infatti scarsi (o quasi nulli) i sostegni su cui l’individuo può far conto. D’altra parte, se si considera quanto detto fino ora i motivi sono chiari; all’interno della nostra società avviene un progressivo taglio delle politiche sociali e, al contempo, una collettiva deresponsabilizzazione circa il lavoro di cura mentre il capitalismo impone come unica forma di comunità riconosciuta quella famigliare. Tali aspetti, nel loro insieme, definiscono la difficoltà nel costruire nuove reti comunitarie e solidali in grado di sostenere chi, per un dato periodo, non è in grado di provvedere da sé. Nel corso del tempo questa situazione ha portato a una pressione e un’incertezza che vengono abilmente sfruttate dal capitalismo. Il lavoratore cosciente di non poter avere una solida rete di sostegno sociale accetterà più facilmente condizioni di lavoro degradanti e al limite dello sfruttamento. Di ciò ci possiamo rendere conto osservando la situazione in Italia. Il paese che si indigna per la frase di Saviano è lo stesso in cui più di 3 milioni di lavoratori hanno un contratto a termine, non esiste il salario minimo e si contano, solo nel 2021, 1404 morti sul lavoro. Si tratta di un quadro desolante e non possiamo non notare che a fornircelo è un paese in cui alla famiglia viene attribuito un valore quasi sacro mentre, piano piano, si smantella ogni altro sistema di assistenza sociale.

Una società frammentata

In questa prospettiva, si spiega dunque la necessità del sistema capitalistico nell’enfatizzare la famiglia come unico modello comunitario. Tale scelta, inoltre, è in grado di dare garanzie a lungo termine. Come infatti ha fatto notare l’economista Guy Standing, difficilmente individui che sono sottoposti a condizioni sociali ed economiche dure, riusciranno a solidarizzare con gli altri membri della comunità. Questo aspetto risulta lampante osservando il dibattito politico che ruota attorno a misure di assistenza sociale come il Reddito di cittadinanza. Chiamato infatti “truffa” e “furbetti” coloro che lo percepiscono, nonostante i dati raccontino una realtà diversa, il reddito è speso attaccato da un’opinione pubblica precaria e sfruttata, la quale non riesce a vedere con occhi solidali chi riceve il minimo essenziale per sopravvivere senza essere sfruttato a sua volta. Tale visione, inoltre, è abilmente sostenuta dai partiti di centrodestra, i quali, non a caso, si propongono come ultimo baluardo del sacro valore della famiglia tradizionale. Cavalcano il malumore e favoriscono la polarizzazione mentre nei loro programmi di governo propongono incentivi alle imprese produttrici di capitale. Ogni cosa torna.  

Alla luce di quanto detto, appare quindi chiaro come la critica espressa sul modello famigliare non riguardi la famiglia in sé quanto, piuttosto, la sua strumentalizzazione e imposizione all’interno della società. L’assolutizzazione della famiglia porta l’individuo a una situazione di profonda fragilità, la quale può essere abilmente sfruttata da sistemi estremamente deleteri come la mafia e il capitalismo. Pensare a delle soluzioni per cambiare tale situazione oggi è attuale più che mai.  


Sitografia

https://www.repubblica.it/politica/2022/05/01/news/fdi_programma_di_governo-347582905/
https://www.ilsussidiario.net/news/saviano-mafie-finiranno-se-spariranno-le-famiglie-servono-nuovi-patti-daffetto/2207171/
https://thevision.com/attualita/propaganda-anti-gender-europa/
https://www.fanpage.it/politica/dal-lavoro-obbligatorio-alla-scuola-del-made-in-italy-il-programma-politico-di-giorgia-meloni/
https://en.wikipedia.org/wiki/Tradition,_Family,_Property
https://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2022/04/11/news/precari_otto_nuovi_assunti_su_dieci_e_quasi_tutti_sono_contratti_brevi-344690598/
https://www.repubblica.it/cronaca/2022/01/09/news/morti_sul_lavoro-333177005/
https://www.possibile.com/salariominimo/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/08/11/reddito-di-cittadinanza-tutte-le-bugie-di-politici-e-giornali-lo-strumento-va-migliorato-ma-funziona-contro-la-poverta-ecco-i-numeri/6288731/

Bibliografia

Clemente E. Rossella D. Antropologia, 2013, Pearson Italia, Milano-torino

Miriam Ballerini

Redattrice in Storia e Società