Psicologia,  Storia e Società

L’asimmetria dello sguardo

Di Linda Barberis

Quando ci troviamo davanti a un volto subito ne cogliamo la forma, i colori, i tratti più marcati. Possiamo approssimarne l’età o la provenienza e attribuirgli un’identità provvisoria sulla base di ciò che vediamo. Ma come funziona la lettura di tutti quegli stimoli espressivi che permettono a un viso di farsi emozione? Un semplice sguardo vis a vis nasconde una complessità che non ci aspetteremmo. Ce lo spiegano le neuroscienze, parlandoci di un gioco fatto di incroci e asimmetrie.

Cari lettori, in questo articolo necessito della vostra partecipazione e se mi seguirete, fidatevi, sarà curioso. Mettetevi davanti a uno specchio. Qual è la parte del volto che guardate per prima? A meno che non sia una vostra caratteristica a cui date particolare attenzione a farsi protagonista, il vostro sguardo cadrà sull’occhio sinistro. Istantaneamente, così come accade quando guardiamo un’altra persona, la nostra attenzione si focalizza sulla parte sinistra del viso osservato (parte destra del soggetto).

Perché questo avviene? Perché viene inizialmente privilegiato solamente un lato e perché è proprio la parte sinistra ad assumere la priorità in uno sguardo a prima vista?

Leggere i volti

Per scoprirlo, occorre soffermarci sulla capacità di riconoscimento dei volti e sulla conseguente elaborazione delle espressioni facciali, abilità fondamentali per l’uomo in quanto animale sociale. I volti fanno parte di quelle categorie di stimoli più importanti nell’ambiente sociale e rappresentano una delle prime fonti di informazioni quali sesso, età, identità e informazioni di tipo emotivo alla base della comunicazione verbale e non verbale. La spontanea capacità di percezione del volto è parte integrante della ricchezza e della complessità delle interazioni umane.                     

Si tratta di una dote non appresa, bensì di natura filogenetica presente già dai primissimi momenti di vita. Studi come quello di Buiatti et al. (2019) dimostrano come, a poche ore dopo la nascita, i bambini riconoscano spontaneamente il volto umano, a discapito di altri stimoli, distinguendo quello della madre. Al contempo, le aree cerebrali dedicate al riconoscimento facciale possono essere grossomodo sovrapponibili a quelle attivate nel processamento dei volti in soggetti adulti (Buiatti et al., 2019).

Diversi studi di neuroimmaging dimostrano come l’osservazione dei volti umani attiva un’area del giro fusiforme del lobo temporale inferiore chiamata Area Fusiforme per le Facce (Fusiform Face Area, FFA) (Kanwisher & Yovel, 2006). A conferma di ciò, i pazienti affetti da prosopoagnosia presentano un danno a questa area e, nonostante capiscano di star osservando un volto, non sanno attribuirgli un’identità a causa della perdita della capacità di interpretare questo tipo di stimoli (Pancaroglu et al., 2016).

Un’asimmetria funzionale: la lateralizzazione emisferica

Successivamente alla naturale tendenza all’identificazione di un volto in quanto tale, il riconoscimento dell’espressività e l’elaborazione dell’insieme di stimoli emotivi che un volto trasmette, si basa su circuiti cerebrali differenti e attribuisce la predominanza di questa capacità all’emisfero destro. (Coolican et al., 2008; Kanwisher et al., 1997; Tamietto et al., 2006)

Guardando oltre la simmetricità anatomica dei due emisferi cerebrali (destro e sinistro), questi si occupano di funzioni differenti la cui specializzazione è il frutto di un percorso evolutivo. Si parla di lateralizzazione per indicare la localizzazione di una funzione psicologica in uno dei due emisferi.

Questa specializzazione funzionale è presente in una serie di compiti percettivi, cognitivi e motori. Ad esempio, l’elaborazione del linguaggio è maggiormente lateralizzata nell’emisfero sinistro, le capacità attentive visuospaziali sono più spesso correlate all’emisfero destro mentre il controllo motorio del lato destro del corpo viene tipicamente rappresentato nel nostro emisfero sinistro e, viceversa, la mobilità della parte sinistra del corpo è regolata dall’emisfero destro (Gotts et al., 2013).

Nel caso della capacità di elaborazione emotiva dei volti, il ruolo dell’emisfero destro è stato confermato da diversi studi su pazienti affetti da un danno dell’emisfero destro in cui il riconoscimento del viso e delle emozioni risultava compromesso (De Renzi et al., 1994; Levine et al., 1988).

Un’asimmetria percettiva: quando sinistra significa destra

Figura 1. Immagine tratta da https://boccignone.di.unimi.it/PMP_2015_files/LezPMP-Visione%20spaziale_Corteccia.pdf ; autore dell’immagine Giuseppe Boccignone
 

Allo stesso tempo, l’anatomia delle vie visive primarie è tale per cui gli stimoli provenienti dall’emicampo visivo sinistro e dall’emicampo visivo destro (distinguibili dalla linea mediana che taglia verticalmente la nostra intera visuale in due) sono proiettate e vengono elaborate rispettivamente all’emisfero destro e all’emisfero sinistro.

Come il sistema motorio, anche quello visivo funziona secondo lo stesso meccanismo incrociato così che l’emicampo visivo sinistro “viene visto” dell’emisfero destro e l’emicampo visivo destro “viene visto” dell’emisfero sinistro (Bear et al., 2016, p. 346). L’immagine viene, infine, rappresentata nella mente per intero grazie al corpo calloso che connette le informazioni dei due emisferi. Questo processo è noto come decussazione delle vie visive e avviene grazie alla struttura a X (chiasma ottico) in cui i nervi ottici si incrociano e proiettano all’emisfero opposto (vedi Figura 1).

La predominanza dell’emisfero destro per il riconoscimento delle espressioni facciali spiega la naturale tendenza a dare priorità al semicampo visivo sinistro, e quindi a focalizzarsi sul il lato sinistro dei volti osservati (Bear et al., 2016).

In questo modo si crea una corrispondenza controlaterale tra le informazioni visive acquisite e i maccanismi neurali dediti al loro processamento. Si parla, infatti, di bias percettivo sinistro (Left Perceptual Bias, LPB) per indicare la naturale preferenza del lato sinistro del viso osservato (parte destra del soggetto) per attingere a informazioni come il genere, l’identità o lo stato emotivo (Butler et al., 2005; Butler & Harvey, 2006; Guo et al., 2012). Questo fenomeno si verifica in tutte le età (Levine & Levy, 1986), è presente indipendentemente dall’emozione osservata (Christman, 1993) o dall’umore del soggetto sperimentale (David, 1989).

L’asimmetria dell’espressione emotiva

Mettevi di nuovo davanti allo specchio ed emulate un sorriso di quelli a 32 denti che fanno strizzare gli occhi. Comparate la parte sinistra del vostro viso con quella destra. Ecco un altro tipo di asimmetria, quella dei nostri tratti nelle due metà del volto: speculari ma non sovrapponibili.

Potrebbe capitare di vedere l’occhio sinistro più vivace rispetto al destro, l’angolo sinistro della bocca più accentuato o addirittura gran parte della vostra intera espressività concentrata nella metà sinistra. Potete aiutarvi coprendo la metà destra del vostro volto con la mano. Senza smettere di sorridere, concentratevi sulla parte sinistra e poi, coprendo quest’ultima concentratevi sulla destra. La differenza dovrebbe apparire più chiara.

Quando esprimiamo le emozioni, infatti, spesso lo facciamo in modo asimmetrico: esprimiamo un’emozione più intensa sul lato sinistro del viso (Indersmitten & Gur, 2003; Lindell et al., 2017). Questo fenomeno – in letteratura noto come left cheek bias – accade per via dello stesso meccanismo neurale che sottende la lettura delle espressioni facciali.

Anche nel caso dell’espressione emotiva il maggior coinvolgimento dell’emisfero destro spiega come l’espressione emotiva sia più intensa sul lato sinistro del nostro volto rispetto al destro (Lindell et al., 2017).

Si tratta della stessa asimmetria che fa risaltare il “profilo migliore” che, solitamente, è quello sinistro in quanto più espressivo.

L’asimmetria nell’arte: l’espressione enigmatica della Monnalisa

Gli psicologi Chris McManus e Nicholas Humphrey (1973) hanno osservato che in un campione di quasi millecinquecento ritratti a partire dal Rinascimento il 68% delle femmine e il 56% dei maschi erano raffigurati mentre mostravano la guancia sinistra.

Dipingendo ritratti con la guancia sinistra in primo piano, gli artisti sottolineavano l’espressività del soggetto cossiché gran parte dei lineamenti facciali fossero proiettati sul emisfero destro, laddove vengono processati dallo spettatore. In questo mondo, si offre un accesso privilegiato alle regioni corticali specializzate per l’elaborazione del viso (Lindell, 2013).

Anche Leonardo Da Vinci conosceva la fisiologica asimmetria che caratterizza le espressioni facciali, il che ha reso il sorriso della sua Gioconda tanto enigmatico. Le interpretazioni più recenti concordano sul fatto che l’espressione della Monnalisa sia di felicità (Liaci et al., 2017).

La questione ha però sollevato moltissimi dibattiti (Marsili et al., 2019). Anche se in un primo momento potrebbe risultare quasi un’espressione neutra, notiamo come sia la parte sinistra (parte destra per l’osservatore) del suo volto a “sorridere di più”. 

Proponendo l’immagine speculare del quadro si nota ancora meglio. La Monnalisa sembra effettivamente sorridere.

Il paradosso di questa asimmetria

Il paradosso della questione è in sé l’asimmetria stessa che permea ogni interazione vis à vis. L’emozione che proviamo sarà spontaneamente più viva sul lato sinistro del nostro volto. Allo stesso tempo l’attenzione della persona che ci troviamo davanti si focalizzerà per predisposizione naturale sulla parte destra del nostro viso, quella meno irrorata di emotività, laddove gran parte della nostra comunicazione espressiva non è presente.

Questo curioso aspetto è solo uno dei fenomeni che avvengono in un semplice incontro ma, se vogliamo coglierne uno, dimostra la complessità che uno sguardo nasconde e come le interazioni umane vivano in questo gioco di incroci e asimmetrie.


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BIBLIOGRAFIA:

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Linda Barberis

Redattrice in psicologia