Critica di Prosa,  Letteratura

Rosalinda Sprint e la Napoli dei femminielli. “Scende giù per Toledo” di Giuseppe Patroni Griffi

di Andrea Piumino

Quasi cinquant’anni fa veniva dato alle stampe da Garzanti Scende giù per Toledo di Giuseppe Patroni Griffi, un romanzo che nonostante la limpidezza dello stile, è stato a lungo tagliato fuori dalla comunità letteraria, a partire dalla quasi totale assenza di bibliografia critica a riguardo e dallo scarso numero di ristampe che il romanzo ha avuto. Ora, però, il romanzo è stato ristampato dalla casa editrice romana GOG e forse è arrivato il momento di chiedersi se questo testo non possa essere preso in considerazione per un nuovo canone della letteratura all’insegna della marginalità.

Prima edizione Garzanti (1975)
Scende giù per Toledo
Nuova edizione GOG (2023)

Partiamo con l’autore, Giuseppe Patroni Griffi, forse famoso più per il suo lavoro di drammaturgo e regista che per quello di scrittore. Non gli è servito l’apprezzamento di amici e intellettuali come Raffaele La Capria, Giorgio Napolitano o Natalia Ginzburg, la sua opera (e non mi riferisco solo a Scende giù per Toledo) è passata sotto silenzio: la maggior parte dei suoi titoli è fuori catalogo dalla sua morte (avvenuta nel 2005). Eppure, se si provano a rileggere questi testi, ci sembra incredibile come possano essere stati a lungo fuori da un canone letterario e dalla storiografia letteraria in generale. I suoi lavori teatrali, dal dramma Anima nera (1960) all’opera Metti, una sera a cena (1967), per i temi e per il modo in cui vengono trattate, sembrano opere di Tennessee Williams (significativo il fatto che l’ultimo dramma di Patroni Griffi come regista teatrale è l’allestimento di un testo dello stesso Williams, Improvvisamente l’estate scorsa). Tuttavia se nei suoi testi teatrali come in quelli di Williams viene messo in scena il dramma dell’omosessuale borghese, i suoi romanzi e racconti hanno tutt’altro vettore. Dalla prima raccolta di racconti, Ragazzo di Trastevere del 1951 presenta gli stessi temi presentati in Una vita violenta di Pasolini con dieci anni in anticipo e senza quelle reticenze morali di cui Pasolini ha sempre sofferto (almeno fino alla pubblicazione dei suoi romanzi postumi). Un altro libro, importante per la letteratura omosessuale (anche se forse meno politico) è il romanzo Morte della bellezza (1987), dove viene raccontato il percorso di apprendistato di un giovane adolescente che deve fare i conti con la propria sessualità. Tutti questi romanzi di Patroni Griffi sono estremamente anomali, specialmente per il contesto storico, sociale e culturale dell’epoca in cui sono apparsi, oltre ad essere forse i primi testi di un autore omosessuale a raccontare l’omosessualità in modo non problematico.

Torniamo però a Scende giù per Toledo, del 1975. Colei che “Scende giù per Toledo” è Rosalinda Sprint, la protagonista del romanzo; Toledo invece è via Toledo, la via principale di Napoli, che Rosalinda attraversa ogni giorno da nord a sud, in una serie di direttrici alternate, nel tragitto casa-lavoro. Il suo mestiere è quello di prostituta (la sua “vocazione”), e nel romanzo la vediamo spesso impegnata a litigare con le sue colleghe dai nomi più altisonanti e volutamente “camp”, ossia artificiosamente esagerati, da Mariacallas alla Viacolvento, la Sayonara o Mimì Bluette fiore del mio giardino.

Su Rosalinda si possono applicare le stesse parole che Harold Bloom usa per descrivere Myra Breckinridge di Gore Vidal: sembra che Rosalinda abbia fissato i limiti oltre i quali la più raffinata estetica neopornografica possa mai spingersi. E infatti il romanzo pullula di manierismi sessuali e di scene erotiche baroccheggianti: dalle foto erotiche che Rosalinda scatta al “pesce” di Jack vestito da san Sebastiano fino alla scena di sesso anale finita male, il tutto con un linguaggio fresco e ironico.

L’incipit, oltre ad essere iconico, è paradigmatico per esemplificarne lo stile:

Scende giù per Toledo e va di fretta Rosalinda Sprint, è in ritardo col sarto e deve andare da Marlene Dietrich. Fra mezz’ora, e quella non aspetta. Colpa della Camomilla Schultz che è vero fa i capelli biondi e morbidi coi riflessi naturali e non stoppa come tutte le schifezze che mettono adesso in testa che sono poi tutte a base d’acqua ossigenata, ma ci vuole un sacco di tempo a darsela, calcola tre sciampi graduati, il primo leggero, il secondo forte e il terzo tipo sciacquata abbondante, mentre col batuffolo d’ovatta e i decoloranti di moda fai presto però il risultato è discutibile e, quel ch’è certo, volgare.

Ovviamente Marlene Dietrich non è quella Marlene Dietrich, la diva del grande schermo, ma è un’altra prostituta napoletana tale e quale Rosalinda (a differenza di Camomilla Schultz che non è una loro collega, come una persona poco esperta di tinture per capelli potrebbe pensare, ma è la marca di un decolorante). Il narratore non si preoccupa di presentarci i personaggi con breve descrizioni, dà per scontato che noi conosciamo gli antefatti, non si preoccupa di aiutarci a inquadrare gli eventi.

Di fatto tutti i personaggi presentati nel romanzo, Rosalinda compresa, sono donne trans, ma  questo il narratore non ce lo dice. Prendiamo ad esempio il caso di Rosalinda: ha un nome femminile, di lei si parla sempre al femminile, si inscrive all’interno di ruoli di genere femminili (e abbastanza opinabili, non giustificabili, ma sono gli anni Settanta); non  c’è nessun motivo di pensare che la sua identità non sia cisgenere. Il testo è disseminato da qualche elemento più o meno esplicito, come un riferimento a degli assorbenti che le servono per evidenziare un monte di Venere “figurale” o un flashback in cui il padre la chiama ricchione; il lettore poi fa due più due, ma a una lettura superficiale questo romanzo sembra essere estraneo ad una prospettiva queer, sembra che narri la storia di una donna che vive i suoi problemi di donna, non di una donna trans che vive i suoi problemi di donna trans.

Per adesso però ho parlato soltanto di Rosalinda ma quello che ho detto su di lei lo si può applicare, con tutte le cautele, sugli altri personaggi presenti. Un esempio tra i tanti è la presenza, marginale nel romanzo, di un personaggio, Mariacallas, del quale non ci viene detto nulla se non una breve descrizione fisica. Seppure in aperto contrasto con Rosalinda sappiamo che condivide con lei molte preoccupazioni, ma solo perché il suo personaggio ricorre in un’altra opera di Patroni Griffi, in questo caso un testo teatrale, il dramma Persone naturali e strafottenti del 1973, dove in lei prendono voce i problemi che una comunità di emarginati transessuale si ritrova ad affrontare.

In quanto persona trans a partenza maschile, Rosalinda Sprint ha tanti sogni che riguardano la sua identità di genere. In particolar modo, sente il costante bisogno di affermare la sua femminilità, e lo fa attraverso la ricerca di un uomo, l’aspirazione – del tutto deprecabile – ad essere considerata donna in funzione e in relazione ad un uomo all’interno di una discutibile dinamica di coppia binaristica ed eteronormativa (ossia nella pretesa della cultura eterosessuale di interpretare se stessa come espressione di tutta la società, inclusa quella parte che eterosessuale non è) per sfuggire all’ambiguità in cui il suo statuto di donna trans la relega nella società. Tre sono gli uomini di Rosalinda: il cugino Gennaro, il misterioso Gaetano e il gentile Jack Cataratta, sergente della Nato che l’ha chiamata presso di sé in Inghilterra, dove vive con moglie e figli. Gennaro è il passato; Gaetano è il presente; Jack Cataratta è insieme il passato e il futuro, un futuro che potrebbe essere anche stabile e definitivo. Gennaro l’ha mandata all’inferno; Gaetano la umilia e la ferisce a sangue; e in quanto a Jack Cataratta non si sa se la vuole per essere con lei felice o per usarla come bambinaia e serva. Rosalinda si innamora di tre uomini piccoli e patisce ogni sofferenza per poter essere considerata donna.

Ovviamente occorre sottolineare che Giuseppe Patroni Griffi è un autore omosessuale e cisgender (quindi non trans) appartenente all’alta borghesia, quando scrive questo testo non vuole parlare di identità di genere o di problemi di classe. Il suo pubblico di riferimento è un pubblico colto omosessuale e borghese come lui, dunque non è mosso dalla volontà di denunciare determinate situazioni o sensibilizzare un certo tipo di pubblico. Il suo è un divertissement colto e barocco, si destreggia, con questo estetismo snob, per parlare in modo ironico e irriverente di quanto c’è lontano da lui (a livello di classe, marginalità sociale e culturale) nella sua realtà locale (la Napoli dei femminielli) evidenziandone però gli aspetti di quell’estetica camp tipicamente omosessuale. Scende giù per Toledo merita di essere letto? Assolutamente sì, cercando di non considerarlo soltanto per l’estro stilistico e la vivacità espressiva ma analizzandone i contenuti attraverso una lente queer. Per chi ricerca un linguaggio identitario per un controcanone della letteratura, in questo romanzo può trovare lo stile di Arbasino non più per una élite colta (e classista) ma per uno spazio agentivo queer predisposto ad un’analisi degli affetti non eteronormati.


Giuseppe Patroni Griffi, Scende giù per Toledo, GOG, 2023, 160 pp. 16 euro

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di Andrea Piumino

Aratea Cultura

Andrea Piumino

Redattore di letteratura