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L’Italia al voto: ecco come è andata la campagna elettorale

di Miriam Ballerini

Il 25 settembre gli italiani sono chiamati al voto. Le elezioni anticipate, conseguenza della fine del governo Draghi, aprono una nuova stagione politica in Italia. I risultati consegneranno la nazione a coloro che, nei prossimi anni, si troveranno a dover affrontare alcune delle più importanti emergenze del nostro secolo. La crisi ambientale, la crisi energetica, l’inflazione, la disoccupazione e la povertà (soprattutto giovanile) non sono soltanto argomenti di discussione astratta, ma problemi che ci riguardano e a cui si dovrà dare una risposta. È quindi alla luce di tale consapevolezza che il dibattito politico si è infiammato. Tra la speranza di chi si vede già nel ruolo di primo premier donna e la preoccupazione di chi non si riconosce molto nel moto fascista Dio, patria e famiglia”, gli ultimi mesi sono stati segnati da una campagna elettorale che pone sul tavolo più di una questione.  
Ora, nel silenzio elettorale, proviamo a tirare le file.   

L’avanzare del centrodestra

Sono tre le principali coalizioni che si presentano al voto: il terzo polo, il centrosinistra e il centrodestra. Quest’ultima è data, da mesi, come favorita dai sondaggi grazie, soprattutto, ai consensi raccolti da Fratelli di Italia, guidato da Giorgia Meloni che non fa mistero della sua volontà di divenire primo ministro. Il centrodestra si dice “pronto” a governare l’Italia e su ciò Meloni ha incentrato l’intera campagna elettorale. La volontà è stata fin da subito quella di presentarsi come una leader forte in grado di interpretare i problemi di un popolo da cui, a suo dire, la sinistra è sempre più lontana. Tale tipo di retorica è da anni usata dal centrodestra che sfrutta a suo vantaggio quel malumore che è figlio della crisi e della recessione che l’Italia si trova da tempo ad affrontare. È uno schema non nuovo alla Storia che vede nella creazione di un nemico da dare in pasto alle folle la sua carta vincente ed è in tal prospettiva che Meloni ha scelto di rimanere all’opposizione durante il governo Draghi. In questo modo, infatti, è riuscita a mostrarsi come l’unica in grado di interpretare i malumori di quelle frange della popolazione sempre più colpite dalla pandemia, catalizzando poi il dissenso verso il governo in carica. A tal proposito, non è un caso che la leader di Fratelli di Italia abbia, da sempre, strizzato l’occhio a quanti si sono fermamente opposti alla campagna vaccinale e, in tal senso, sia sempre professata a favore di una “libera scelta”.  
I mesi all’opposizione sono stati dunque il modo per crearsi una base elettorale in grado di sostenere il suo partito nel momento del voto. È infatti grazie a essa che, ora, il centrodestra spera di poter governare e avere, davvero, quei “poteri assoluti”, che Salvini auspicava per sé nel 2019, potendo arrivare al cuore della nostra democrazia: la costituzione. 

Maggioranza assoluta o maggioranza dei due terzi?

A due settimane dal voto gli ultimi sondaggi hanno restituito una proiezione di vittoria schiacciante per il centrodestra. La coalizione potrebbe infatti ottenere alla Camera tra i 248 e i 268 seggi mentre al Senato tra i 126 e i 136. Questi numeri aprirebbero a un’ipotesi particolarmente rosea per Meloni e alleati: la maggioranza dei due terzi. Per raggiungerla infatti si deve riuscire a far eleggere 267 deputati e 134 senatori e il centrodestra non appare così lontano dal questo risultato. Le conseguenze di ciò sarebbe la possibilità di intervenire in modo diretto sulla costituzione senza passare per un referendum confermativo.  
Se il centrodestra riuscisse a ottenere un risultato del genere è chiaro che avrebbe la possibilità di imporre il presidenzialismo. L’ipotesi di un’elezione diretta del Presidente della Repubblica è infatti parte del programma comune della coalizione che rivendicherebbe la piena manifestazione del volere popolare. La realtà è diversa. Far scivolare l’Italia verso il presidenzialismo infatti significa condurla verso una deriva autorità, come ha sottolineato il maestro di diritto costituzionale Gustavo Zagrebelsky, non dissimile a quella già avvenuta nell’Ungheria di Orbán. In tal prospettiva non appare casuale che sia Lega che Fratelli di Italia, poco meno di dieci giorni fa, abbiano votato contro la risoluzione europea attraverso cui si denunciava lo “smantellamento sistematico dello stato di diritto” avvenuto in Ungheria. È quindi chiara la vicinanza di prospettiva tra i leader politici e d’altra parte ciò è evidente anche se si guarda al programma di governo. Infatti, nonostante Meloni abbia cercato di ripulire sia la propria immagine che quella della coalizione, la campagna elettorale non ha lasciato dubbi sulla svolta conservatrice che in Italia avverrebbe.

L’erosione dei diritti

La destra, da sempre contraria a fondamentali leggi di civiltà come lo Ius soli e il matrimonio egualitario, ha proposto tra i suoi candidati esponenti di organizzazione che da anni operano contro il riconoscimento dei diritti civili come l’associazione Pro Vita e Famiglia, la quale, nei mesi scorsi, si è attivamente impegnata nella campagna d’opposizione al Ddl Zan. È d’altra parte tra le file dei conservatori che la coalizione sa di poter ottenere sia gli alleati politici a livello internazionale, come il partito Vox in spagna, che la base elettorale maggiormente stabile.  Porta infatti la firma del candidato di Fratelli di Italia, Tommaso Foti, e della candidata di Forza Italia, Isabella Martini, la “carta dei principi” promossa dal Family day che da sempre si impegna affinché non vengano riconosciuti i più fondamentali diritti civili. 
Fratelli di Italia con i suoi alleati, insomma, ha un programma di valori ben specifico e lo ha dichiarato esplicitamente. 

La sinistra e gli indecisi

Davanti all’incedere del centrodestra il centrosinistra si è mosso in due direzioni. Da una parte infatti si è cercato, con risultati variabili, di creare una coalizione a larghe intese, attraverso la quale raccogliere quanti più consensi possibili, d’altra, invece, si è scelto di spingere sulla paura degli elettori. La coalizione di sinistra, e in particolare il PD, ha voluto incentrare la sua compagna elettorale sottolineando la necessità di un voto che fermasse la deriva autoritaria a cui il la destra potrebbe trascinare l’Italia. Sono così apparsi i grandi cartelloni elettorali all’interno dei quali spiccava un’unica parola: scegli.  
La sinistra ha quindi costruito una campagna elettorale per poli opposti il cui lo scopo principale è sempre stato solo uno: convincere gli indecisi. A inizio settembre infatti quest’ultimi costituivano circa il 42% dell’elettorato attivo. Un numero importate a cui si è deciso di rivolgere la propria attenzione. D’altra parte, così come messo in evidenza dal sociologo Lazarsfeld, una persona tenderà a confrontarsi principalmente con quei messaggi che le sembreranno congeniali alla sua prospettiva. Ciò significa dunque che quanti hanno già scelto di votare e chi votare difficilmente si faranno convincere dallo schieramento opposto ed è dunque per questo che gli incerti possono essere i migliori interlocutori. Alla luce di ciò, tuttavia, la scelta della sinistra, di richiamare all’attenzione l’elettorato rischia, nel giorno delle elezioni, di risultare fallimentare. Difficilmente infatti si conquisterà il voto di quanti sono già, in partenza, sfiduciati caricandoli di ulteriore paura e sfiducia nei confronti del futuro. La sinistra, nel corso di questa campagna elettorale, invece è sembrata incapace di creare ampio consenso attorno al proprio programma e ha preferito chiedere qualcosa agli elettori piuttosto che proporsi a quest’ultimi.  

Le elezioni di oggi mostreranno i frutti delle scelte dalle diverse coalizioni. Si aprirà così, indipendentemente dall’esito, una nuova fase le cui conseguenze ce le potrà dire solo la Storia.

Miriam Ballerini

Redattrice in Storia e Società