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Perché “King Richard” può essere il miglior film degli Oscar 2022?

Senza girarci troppo intorno, “King Richard” è semplicemente un bel film. È molto più di un insieme di componenti pregevoli e tecnicamente curate, è un’opera che riesce a prendere con sé lo spettatore e a portarlo nel mondo che viene raccontato, facendo sì che i problemi e le gioie che i protagonisti vivono diventino sue. E tutto questo essendo un biopic di personaggio di relativamente poco noto, se non agli appassionati di tennis.

“King Richard” narra appunto le vicende di Richard Williams, padre, allenatore e guida delle icone del tennis Venus e Serena Williams, attraverso gli anni in cui la prima si è presentata al mondo come giovanissima promessa dello sport. Da quando le due sorelle sono nate, Richard ha un piano: settantotto pagine in cui sono scritti i passaggi chiari e distinti che porteranno le ragazze a raggiungere la vetta del mondo tennistico, senza mai trascurare la scuola e rispettando i bisogni dettati dalla crescita. Determinazione, disciplina e, talvolta anche troppa, fermezza sono gli ingredienti che animano il progetto di casa Williams, che si dovrà però scontrare con l’ambiente tradizionalmente bianco e caucasico che avvolge lo sport degli Slam. 

L’aspetto più caratterizzante del film è senza dubbio la tridimensionalità del personaggio di Richard: Mr. Williams è variegato, determinato, cocciuto ai limiti dell’ossessivo. Sicuramente non è un eroe e questo è ciò che riesce a rendere il film così apprezzabile: lontani dalla retorica epica che spesso avvolge i biopic, in cui tendenzialmente vengono raccontate storie incredibili di personaggi indiscutibilmente salvifici, in “King Richard” il protagonista è palesemente vulnerabile, fallibile e discutibile sotto diversi punti di vista, componente ammirevole che dona uno spessore certamente gradito all’opera. Tale pregio strutturale viene esaltato al massimo grado dalla magistrale interpretazione di Will Smith, ampiamente in corsa per la statuetta di reparto, capace di colorare senza sbavature i contorni dati a Richard dalla sceneggiatura. Questa si presenta come un prodotto pulito e limpido, ponendo le basi solide per una pellicola in grado di tenere incollato allo schermo lo spettatore attraverso le vicende di vita della famiglia Williams, le fissazioni di Richard e le partite di Venus. In generale, il film firmato Reinaldo Marcus Green riesce ad essere incisivo e di impatto, raccontando contemporaneamente più storie tutte ugualmente appassionanti e trascinando nel proprio universo lo spettatore. Per questo semplicissimo motivo “King Richard” si meriterebbe di vincere l’Oscar, per il banale e forse deludente fatto di essere un gran bel film.


Aratea Cultura

Lorenzo Santini

Redattore di cinema, filosofia e narrativa