Cinema

Paris is burning – Il drag, l’omosessualità e la loro rappresentazione

IL DOCUMENTARIO

Paris Is Burning è un documentario di Jennie Livingston girato durante la fine degli anni ’80, che punta l’attenzione sulla scena della ball culture di New York e sulla vita delle comunità discriminate di omosessuali, transgender e drag queen afroamericane e latinoamericane. Il progetto della regista è simbolo della cultura drag e l’eredità che ha lasciato è un grande riferimento per analizzare quegli stessi temi 40 anni dopo, con gli occhi del nostro tempo.

«La società va alle partite di football e di basket, quello è il loro intrattenimento. Il nostro è un ballo, un ballo per noi è la cosa più vicina nella realtà per ottenere quella fama e fortuna.»

Jennie Livingston, Paris is Burning, 1990

Questa è una delle prime frasi pronunciate da un ragazzo nel documentario. In Paris Is Burning il sogno è vivere come i protagonisti di Dinasty, la famosa soap opera. Si guarda sempre alla ricchezza dei bianchi e al loro stile di vita per eccellenza. Come fa notare la studiosa italiana Antonia Anna Ferrante Il termine “opulenza”, che riassume tutti questi concetti, ricorre spesso nel documentario. Per il drag diventa centrale l’imitazione della vita di una classe sociale e culturale diversa, ossia quella di chi ha sempre avuto tutto e non deve mai chiedere. Chi partecipa ai ball sogna una vita del genere: vestire sempre eleganti, frequentare i migliori ristoranti e recarsi a Manhattan. Si sogna quello che c’è nelle pubblicità e sulle riviste e si ha l’illusione che, magari, con una vita di quel tipo tutto possa essere più semplice.

«Ricordo che mio padre era solito dire che hai tre strike in questo mondo. Ogni uomo nero ne ha due. Ma tu sei nero, uomo e gay.»

Op.Cit.

In questo contesto anche la razza ha un ruolo fondamentale. Un ragazzo nero omosessuale si presenta così davanti alla cinepresa e conferma il fatto che, per quanto si stia parlando di ambienti dove può sembrare che le persone si uniscano perché legate solo dallo stesso orientamento sessuale, la questione della razza è fondamentale. Una persona è svantaggiata non solo perché è gay o trans ma anche perché è semplicemente nera o latinoamericana. Infatti molti ragazzi dopo il coming out vengono cacciati di casa diventando senzatetto e trovano rifugio solo nelle “Houses”. Nuove famiglie di persone come loro dove poi vengono introdotti al mondo fiabesco dei ball, ma vivono nella povertà.

IS PARIS BURNING?

«Guardando Paris Is Burning iniziai a pensare che molti di quei ragazzi yuppie tra il pubblico, che si comportano da etero, arroganti e prevalentemente bianchi, fossero lì perché il film in nessun modo si interroga sull’essere bianchi.»

– Bell hooks, Black Looks: Race and Representation, Routledge editore, 1992, p.149

Questa è questione posta da Bell Hooks, scrittrice e attivista statunitense. La controparte bianca e dell’alta società considera il film bello e originale senza chiedersi quali siano le cause di quella discriminazione e cosa ci sia dietro quello che viene raccontato. Bell Hooks si sofferma soprattutto su come la regista Jennie Livingston, donna bianca e laureata che ha avuto tutto quello che le persone che riprende non avranno mai, non si sia mai preoccupata, approfondendo la scena ball, di trattare questa tematica o di interrogarsi sulla differenza di classe presente.

La supremazia bianca emerge completamente proprio nella neutralità del girato, che non crea un confronto o uno scontro tra le due realtà. Per Bell Hooks “adorare il trono della bianchezza” significa per l’ennesima volta odiarsi e odiare le proprie origini. Il film non è esplicito nell’affrontare discorsi sulla supremazia; è sicuramente vero che agli occhi dei neri, gay e trans arriva il significato nascosto della pellicola, ma agli occhi dei bianchi giunge solo lo spettacolo e la fantasia che questa comunità si crea per sopravvivere. Quello che potrebbe essere un rituale per questa cultura diventa spettacolo per l’altra e si svuota di tutti i significati.

Invece, secondo altre studiose come Judith Butler, il documentario non tralascia questi temi. Per lei tutti gli “Status-symbol” della società sono ritradotti all’interno del documentario e attraverso il concetto della “Realness” si cerca di mostrare quanto la stessa femminilità approvata dalla società sia un semplice costrutto che chiunque può fare proprio. La “Realness” è un concetto fondamentale per vincere un premio in un ball e non si rifà a qualcosa di concretamente reale, ma alla possibilità di essere potenzialmente qualsiasi cosa nella  vita.

“Nella vita non puoi avere un lavoro a meno che tu non abbia la formazione e l’opportunità, ora il fatto che tu non sia un dirigente è dovuto semplicemente alla posizione sociale che hai nella vita. Le persone hanno difficoltà ad entrare ovunque, ma in una sala da ballo puoi essere ciò che vuoi.”

Jennie Livingston, Paris is Burning, 1990

La “Realness” è un concetto anche politico e di resistenza contro le ingiustizie sociali, non solo estetico. A favore di questa tesi si può menzionare il modo in cui il camp, fenomeno artistico e culturale legato alla comunità gay, per quanto fosse di base un fenomeno prettamente estetico, poi sia diventato simbolo di neutralizzazione dell’indignazione morale per una comunità.

“Gli omosessuali hanno ritrovato la loro integrazione nella società nella promozione del loro senso estetico. Il camp può cancellare la moralità. Neutralizza l’indignazione morale, promuove ciò che è scherzoso.”

-Susan Sontag, Notes on “Camp”, Penguin Books editore, 1964, p. 30

DOVE PARIGI NON STA BRUCIANDO

Oggi il reality show “Rupaul’s drag race”, ormai arrivato alla dodicesima stagione, rappresenta il contenitore televisivo più famoso al mondo della cultura drag. La drag queen e il suo programma molto spesso sono stati oggetto di polemiche, ma una delle più importanti riguarda le dichiarazioni di Rupaul ad un’intervista del 2018, rilasciata al “The Guardian”. La giornalista chiede come gestisca la contraddizione tra la serietà del movimento transessuale e la sua “scherzosa” sensibilità. Infatti, già dalle prime stagioni, la drag queen tendeva a ironizzare molto sulle questioni riguardanti la comunità trans.

Rupaul nel rispondere passa a parlare di una questione controversa. Non avrebbe accettato nel reality una partecipante come la drag queen transgender Peppermint, se avesse già iniziato la transizione da uomo a donna. Peppermint, come tante altre drag queen che poi si sono scoperte trans e hanno cambiato sesso, nel momento in cui non avevano ancora attributi femminili, erano considerate “meno donne” delle altre e quindi legittimate a esercitare il proprio drag all’interno dello show. Per Rupaul è dunque fondamentale praticare il drag in un modo classico, seguendo una visione del genere binaria, che risulta stantia e che non rispecchia i valori reali di questa comunità.

Per l’ennesima volta cosa sia “uomo” e che cosa sia “donna” è stabilito da costrutti sociali e fisici che creano discriminazione perfino internamente al mondo trans, per esempio tra chi decide di operarsi e chi invece non lo fa. Tutte le paure di Bell Hooks vengono a galla e sembra che una cultura, prima underground e simbolo di altri valori cambi e debba adattarsi quando viene trasposta in televisione, dove c’è bisogno di un certo tipo di rappresentazione. Il drag in televisione è sempre per uomini gay che si travestono, e pieno di continui elogi all’America, terra che dà loro la libertà di sposarsi e di essere sé stessi, almeno in superficie.

Quella “Realness”, che in “Paris Is Burning” portava con sé un significato politico ben preciso di militanza contro una classe dominante che non permetteva agli altri di essere liberi, diventa il “Reality”. Reality sia per rispondere alle necessità del format televisivo e sia perché i riferimenti alla cultura di base sono sempre meno e risultano, nel peggiore dei casi, traditi.  


Bibliografia:

Susan Sontag, (2018) Notes on “Camp“, Londra, Penguin Books

Antonia Anna Ferrante, (2019), Pelle queer maschere straight. Il regime di visibilità omonormativo oltre la televisione, Milano, Mimesis

https://en.wikipedia.org/wiki/Paris_Is_Burning_(film)

Aurora Santacroce

Redattrice di cinema