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Perché “Triangle of sadness” può essere il Miglior Film degli Oscar 2023?

Un articolo di Aurora Santacroce

“Triangle of Sadness” è l’ultimo film del regista svedese Ruben Östlund , vincitore della palma d’oro a Cannes nel 2022 e ora candidato agli Oscar come Miglior film. La pellicola divisa in capitoli racconta la storia di un gruppo eccentrico di ricchi in vacanza su uno yatch, e dei lavoratori che badano ai loro bisogni e capricci. Dal principio si mostra l’irriverenza con cui i conflitti sono raccontati e siamo introdotti ad una coppia di modelli che resta insieme per i propri followers. Un’ informazione che lo spettatore riceve dalla cinica modella e influencer Yaya ben cosciente della cosa. Perché apparire è la cosa più importante e tutti, su quello yatch, si muovono nelle loro attività come burattini per mano di costrizioni sociali, di genere e di classe. In tutto questo Ruben Östlund non sta cercando di vagliare la condizione umana ma anzi, il regista vuole divertirsi nello scorgere i momenti imbarazzanti, nell’unire sacro e profano e nel cambiare le carte in tavola tra privilegiati e svantaggiati.

Non c’è morale e tutti si ritrovano in un caotico inferno rappresentato da una cena indigesta che fa stare male e vomitare tutti. Tra vomito, escrementi e la tempesta i vacanzieri si ritrovano in una situazione orribile ascoltando le parole del capitano della nave (Woody Harrelson) completamente ubriaco che bofonchia ovvietà sul socialismo. E’ vero che spesso Östlund è prevedibile con le sue metafore però queste sono divertenti, memorabili e fanno scorrere le due ore e più di film in un batter d’occhio. L’ultimo capitolo riscrive gli equilibri di questa piccola società naufragata su un’isola ma sempre con ironia e sarcasmo. Gli isolani si invidiano, si fischiano dietro e non si aiutano; ulteriore prove della sciocca natura umana. I personaggi di questo triangolo della tristezza sono loschi, aggressivo-passivi e manipolatori che siano ricchi o poveri. Il film non innova sul fronte dei suoi temi, molto più creativo rimane Parasite (2019), ma riesce in quello che fa ed è divertente.

Se “Triangle of Sadness” vincesse il Miglior film sarebbe una bella sorpresa, ma sappiamo tutti che non succederà. Forse è un film troppo cinico e che non ricerca la causa di quel cinismo seriamente, facendo arrabbiare chi vorrebbe più profondità. Come abbiamo detto Östlund rimane in superficie, ma c’è comunque una ricerca in questo film e questa si mostra nelle piccole interazioni umane: il primo capitolo si basa interamente sulla relazione tra Carl e Yaya svelando minuziosamente le loro dinamiche di potere. Guardare questo zoo umano non dà speranze e non fa carpire nuove sfaccettature dell’essere umano, invece mostra un’umanità illusa e sfortunata. Chissà se questa illusione e deperimento morale siano dovuti all’ideologia o siano insiti in noi; ciò che rimane è il sarcasmo, qualche volta il cattivo gusto e la demenzialità che rendono sia indimenticabile che esagerato “Triangle of Sadness”.


Aurora Santacroce

Redattrice di cinema