Psicologia,  Storia e Società

Ripensare l’amore: dalla nascita dell’amore romantico, all’amore come “cura”

di Miriam Ballerini

Ripensare l’amore potrebbe essere un atto di rivoluzione. Questa frase, se decontestualizzata, può apparire senza senso. Cosa significa “ripensare l’amore”? È veramente possibile trasformare qualcosa che, almeno in apparenza, è un evento così intimo e privato in un atto collettivo di “rivoluzione”? Per rispondere a queste domande dobbiamo, prima di tutto, chiederci a cosa facciamo riferimento quando parliamo di amore e che valore abbia oggi per la nostra società. A tal proposito si può fin da subito porre in evidenza la presenza di un immaginario comune che costruisce una narrazione in grado di imprimere a esso una connotazione principalmente romantica. L’amore per come lo conosciamo è infatti raccontato come un sentimento totalizzante all’interno di una dimensione di coppia, in grado di completarci e di “salvarci” dal mondo, dalle nostre ferite e forse, in fondo, anche da noi stessi. “Sei la mia metà”, “senza te sono perduto”, “ho bisogno di te” sono le frasi che si ripropongono, in un leitmotiv continuo, all’interno di una narrazione mainstream proposta da una società che sembra totalmente incapace di riflettere sull’amore in termini diversi e non fa altro che riproporre da sempre la medesima rappresentazione.

Le origini: la lirica trobadorica

Da sempre la prima narrazione che dell’amore ci viene proposta può essere ritrovata nelle fiabe. Il “vissero per sempre felici e contenti” è, d’altra parte, il degno finale di storie che vedono nel trionfo dell’amore la loro principale risoluzione. Eppure, non è da qui, o almeno non solo, che ha origine il comune immaginario amoroso. Spostando infatti lo sguardo ai secoli precedenti, è alla poesia che si deve guardare e, nello specifico, alla lirica trobadorica. Collocabile attorno al XII e XIII secolo all’interno delle corti feudali della Provenza e della Francia del Nord, tale genere poetico dava ampio spazio alla tematica amorosa declinandola nella forma dell’”amor cortese”. Il sentimento narrato tra i versi del poeta (denominato trovadore) si costruiva, nello specifico, all’interno di precise relazioni e dettami sociali i quali non possono non essere considerati ai fini di una sua più completa comprensione. Si dovrà, più nello specifico, ricordare che il poeta era spesso anche un cavaliere al servizio del signore del feudo mentre la dama, a cui si rivolgeva, ne era la moglie. Tale dato di realtà è particolarmente importante poiché porta a mettere in evidenza come l’amore-adorazione per la domina si determinasse all’interno del rapporto di fedeltà per il proprio signore. Era infatti il vincolo feudale a rendere necessario tale celebrazione delle qualità della donna, fino a spingersi alla proclamazione dell’amore (reale o fittizio che fosse). Si ritrovano così, all’interno dei componimenti passaggi che ricalcano le espressioni attraverso cui i cavalieri giuravano fedeltà. Il linguaggio usato struttura, dunque, un rapporto all’interno della quale il cavaliere si “prostra” alla dama, legando, indissolubilmente, la sua vita a lei. L’amore cortese è quindi piena devozione strutturata attorno a un atto di fedeltà che connota l’identità poetica di colui che scrive. Data tale definizione si può provare a comprendere in che modo tale poetica si ritrovi, oggi, nella comune prospettiva circa l’amore. 

Il topos dell’amor cortese nella tradizione letteraria

Il topos dell’amor cortese non può essere forzatamente attualizzato all’epoca contemporanea. Una tale scelta, infatti, non solo sarebbe anacronistica ma, al contempo, priverebbe tale topos del contesto che lo ha permesso privandolo, in definitiva, del suo senso. Piuttosto, si dovrà guardare alla storia della letteratura italiana ricostruendo la forma che, tra le pieghe del tempo, il tema amoroso ha assunto fino ai giorni nostri. Per far ciò si dovrà partire dalle origini. È infatti all’interno della Scuola siciliana, culla della letteratura volgare italiana, che ritroviamo il primo influsso della poetica della Provenza e della Francia del nord. I linguaggi, la metrica e i temi di quest’ultima, infatti, si ripropongono nei componimenti dei poeti della corte di Federico II, proponendo così, fin da subito, una visione dell’amore che si costruisce, nuovamente, attorno alla totale sudditanza del poeta nei confronti della donna. La piena devozione è dunque il tratto dell’amor cortese che, depurato del contesto feudale, si ripresenta anche nella lirica italiana. Similmente, anche i poeti della generazione successiva, identificabile nel movimento del Dolce stil novo, videro nell’amore un’esperienza totalizzante. L’unica, a conti fatti, in grado di nobilitare (ma anche distruggere totalmente) il poeta. Partendo dall’amor cortese, il canone letterario costruisce dunque un visione dell’amore che, come un fil rouge, si dipana nel corso dei secoli, identificandolo come esperienza pervasiva in grado di costruire l’identità del poeta. Fu quindi questa la prospettiva con cui ci si dovette confrontare, nel momento in cu fu necessario scoprire l’amore inteso in senso romantico.  

L’amore romantico

Il concetto di amore romantico nasce nel XX secolo. In quegli anni, infatti, la fine delle principali monarchie europee e al contempo l’avvento dei cambiamenti economici dovuti all’avvento del capitalismo ridefinirono ora le principali istituzioni all’interno della società. In particolare, il matrimonio non trovava più suo fondamento e giustificazione nella necessità di garantirsi, tra le monarchie, alleanze politiche. Diveniva, così, necessario scrivere una narrazione nuova che, nell’odierna società di massa, fosse condivisibile e rappresentativa per i più. Se, infatti, uno dei prodotti della società fordista fu la creazione del “consumatore perfetto”, ecco che anche il racconto che dell’amore si proponeva doveva presentarsi come qualcosa di “standardizzato”, in grado di parlare unicamente all’irrazionalità e all’emotività di ognuno senza spingerci a una riflessione più profonda. In questa prospettiva il canone letterario costituì un ottimo punto di partenza. Allontanata da qualsiasi riferimento al suo precedente contesto letterario e filosofico, la descrizione dell’amore ridotta alla sola esperienza totalizzante e ossessiva appariva, infatti, perfetta per descrivere i forti sentimenti che ci accompagnano quando siamo innamorati. L’avvento della società post-fordista, nella seconda metà del Novecento, fece il resto. L’imporsi, infatti, di una società “frammentata” (come è stata definita dal sociologo Enzo Mingione) caratterizzata dall’individualismo e dalla fine di ogni dimensione di vita comunitaria preindustriale, comportò, per l’individuo, il costruirsi di nuove esigenze relazioni. A queste l’unica risposta fu l’imporsi del rapporto di coppia, il quale assunse, dunque, una centralità unica, costituendosi come la dimensione primaria della realizzazione personale ed esistenziale dell’essere umano, a sfavore di qualsiasi altro rapporto umano.

L’amore come cura

Ricostruire lo sviluppo del concetto di “amore romantico”, così come è stata fino ad ora proposto, non implica, di necessita, una sua svalutazione. “Ripensare l’amore” non significa infatti negarlo poiché, altrimenti, si rischierebbe di negare una parte imprescindibile dell’essere umano. Si dovrebbe, al contrario, riportarlo al centro del discorso per ridefinirlo. Per farlo, è necessario allontanarsi dalla prospettiva comune che concepisce l’amore come sentimento totalizzante che “ci completa”. Ciò potrebbe essere rivoluzionario perché, permettendoci di superare la narrazione dominante, rendendoci in grado di riscoprire l’amore come cura. Significherebbe, in altri termini, cessare di pensare l’amore come ad una continua ricerca del senso di noi nell’altro. Abbandonare la narrazione della “metà che ci completa”, per non cercare più di proiettarci altrove e riscoprici come centro da cui partire per andare incontro a chi amiamo e accoglierci all’interno di un rapporto di reciprocità, che non nasconde più l’imperfezione dell’umano ma se ne prende cura. Non per salvarci ma per crescere insieme.   

Bibliografia

de Riquer, Martin, “Leggere i trovatori“. La genesi della lirica moderna e dell’immaginario amoroso, eum edizioni università di macerata, 2010, Macerata
Morlicchio, Enrica, “Sociologia della povertà”, Il Mulino, 2020, Bologna

Sitografia

https://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_siciliana
https://it.wikipedia.org/wiki/Dolce_stil_novo
https://www.arateacultura.com/famiglia/
https://www.treccani.it/enciclopedia/postfordismo_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/#:~:text=Fase%20di%20sviluppo%20industriale%20che,dei%20contenuti%20del%20lavoro%20stesso.
https://it.wikipedia.org/wiki/Enzo_Mingione


Miriam Ballerini

Redattrice in Storia e Società